Il concetto di Odontoiatria minimamente invasiva applicato alla moderna Endodonzia è stato il leit motiv del corso palermitano che ha visto Relatore Mario Palmeri. Prendendo ispirazione dal noto aforisma per il quale: “la migliore endodonzia è quella … che non si fa!”, il Relatore ha indotto a riflettere sulla necessità di rispondere alle domande dell’odontoiatria attuale e alla centralità del binomio efficacia/efficienza. Tutte le volte che, facendo prevenzione, ottimizzando i tempi, controllando i costi (del professionista e del paziente) si coglie l’obiettivo, si fa del “marketing etico” e, soprattutto, della buona Medicina.
Endodonzia minimamente invasiva.
Dopo una brillante introduzione alle tecniche conservative di riabilitazione anatomica mediante le tecniche adesive (“il protocollo deve esser chiaro dal primo passo, perciò sarà svolto in funzione anche della necessità e della scelta riabilitativa”), citando l’esperienza ultradecennale di Mauro Fradeani in merito, Palmeri ha focalizzato il primo anello della catene decisionale/operativa, e cioè il mantenimento della vitalità pulpare, da perseguire ogni volta che sia possibile e sempre nel caso di apici ancora beanti; si è soffermato sul significato biologico del MTA e dell’idrossido di calcio, del quale ha ricordato l’effetto insieme antisettico e caustico, pervenendo alla conclusione che (la letteratura supporta questo punto di vista) la applicazione diretta del composito, in certi casi, è più efficiente della terapia ocalessica, a condizione di operare in ambiente sterile; recita infatti il detto: “la polpa ha due nemici: i batteri e i dentisti”.
Il secondo anello: è l’apertura della cavità pulpare, che condiziona la detersione; esso oggi è concepito come un “copia-incolla” della anatomia del pavimento della camera stessa; la riduzione, nel tempo, della ampiezza di tale cavità contribuisce a determinare una maggior robustezza delle strutture residue e delle riabilitazioni; l’insuccesso è infatti del piano terapeutico nel suo insieme, ed ha poco senso parlare di successo endodontico in caso di sopravvenuta frattura coronale o radicolare (vien subito in mente il parallelo con il successo e la sopravvivenza implantare, ndr).
Diversi sono stati i contributi di anatomia endodontica nel corso della lezione; il primo è stato che, ad unico imbocco possono corrispondere due canali che si sdoppiano apicalmente; ciò nella radice vestibolare dei premolari superiori, mesiovestibolare del secondo molare superiore e mesiale del secondo molare inferiore. Un altro concetto ricordato è che i sesti ed i settimi sono da considerare cugini, ma non fratelli.
Né sono mancati contributi di diagnostica attuale; e non solo in base alla diponibilità di strumentazioni sofisticate, bensì all’aumento etiologico – da conoscere – delle patologie traumatiche su base parafunzionale, la cui patogenesi vede il ruolo infettivo della incrinatura talora invisibile ad occhio nudo.
In termini di efficienza, se la apertura risulta rispettare i principi MICA (Mini Invasive Cavity Access), se la forma della apertura riproduce fedelmente il pavimento anatomico della camera, se gli imbocchi sono agli spigoli della cavità d’accesso, allora gli strumenti, orientati, vanno senza alcuna interferenza all’interno del canale senza bisogno di continui controlli diretti o indiretti; ciò abbatte la fatica dell’operatore e il tempo necessario. Per quanto concerne la strumentazione, il vantaggio principale della tecnica ultrasonica, oltre ad un taglio più moderato, è la visione migliore per via dei minori ingombri.
Palmeri si è soffermato a questo punto sui concetti di Preflaring e Glide Path; la strumentazione prevede step successivi, primo dei quali è la analisi di percorribilità, manuale; quindi il tragitto di percorribilità ed infine la sagomatura.
Lo Shaping attuale (che viene definito Mini Invasive Canal Shaping, il terzo anello della catena) si basa sulla lunghezza di lavoro, sulla conicità e sul diametro apicale. Nel merito viene ricordato che le curve più pericolose per la frattura degli strumenti sono quelle al terzo medio; su quelle più coronali si interviene nella fase di apertura; quelle più apicali difficilmente impegnano lo strumento, che arriva lì con la sua parte meno rigida; invece nella zona del terzo medio, che è raggiunta da una parte rigida dello strumento, considerando che più apicalmente lo strumento tende comunque ad impegnarsi, si vengono a sommare gli stress meccanici di flessione e di torsione.
Grande spazio viene dedicato alla valutazione della strumentazione rotante in NiTi; questa, aumentando la qualità e la velocità dei trattamenti, si rivela sempre più operatore-indipendente.
Vanno certo ricordati anche i meccanismi tipici della frattura degli strumenti, che sono la flessione e la torsione, già ricordate; e vanno tenute presenti le forme delle curve, della quali occorre analizzare se siano intense (con angolo di curvatura più acuto) o più brusche (con raggio di curvatura minore) od entrambe le cose. Per ciò che concerne gli strumenti, la letteratura dimostra che fino ad un certo numero di utilizzazioni (circa 8) il degrado è limitato, invece oltre diventa esponenziale il rischio di frattura; invece il risparmio diventa ininfluente oltre un numero di riutilizzazioni inferiore, circa 5. Considerando che il fattore tempo è cruciale, il consiglio generale è di ridurre drasticamente il riuso degli strumenti, così abbattendo tempi e costi di sanificazione/sterilizzazione, nonché quelli legati alla minore efficacia degli strumenti o al recupero di quelli fratturati.
L’anello successivo, il filling, vien esposto enunciando la semplicità, la velocità della curva di apprendimento e la qualità di risultato della otturazione con carrier; paradossalmente il Relatore ci ricorda che i canali più ampi e diritti sono quelli in cui si corrono maggiori rischi di overfilling.
Infine, un buon quarto del tempo di esposizione viene dedicato ai ritrattamenti, dei quali il Relatore segnala la necessità di ampia informazione da fornire al paziente, considerato che sono impegnativi (da tutti i punti di visita) e gravati da una prognosi meno favorevole; visto che vanno affrontati con chiarezza di idee in tema di diagnosi, prognosi e possibilità alternative, occorrerà esporre vantaggi e svantaggi di queste ultime per concordare con il paziente la scelta più opportuna.
Dal punto di vista diagnostico, la necessità del ritrattamento dipende da:
- Infezione dello spazio endodontico (batteri, spesso in canali non trattati)
- Incongruità del sigillo coronale
- Fratture radicolari verticali
- Inefficacia del sigillo apicale
- Perforazioni e stripping.
Di ogni situazione viene presentata una esemplificazione clinica.
La conclusione è che le leggi della odontoiatria attuale sono applicate ed applicabili anche in campo endodontico; ed in un’ottica di prevenzione e mantenimento della salute orale questa branca diventa cruciale. Grande è stata la partecipazione e l’interazione dei Colleghi presenti, invogliati dalla grande umanità del Relatore.
a cura di Francesco Spatafora
Segretario Andi Palermo