L’indagine sullo stato della professione nel 2021 è stata eseguita nei mesi di marzo-aprile del 2022.
La metodologia seguita è basata su un sondaggio rivolto a un campione stratificato di dentisti pari a 2.658, rappresentativo dell’universo dei dentisti attivi registrati all’Enpam. Le statistiche prodotte dall’elaborazione sono stime campionarie che hanno un margine di errore pari 1,8. I temi oggetto del sondaggio sono stati: le caratteristiche sociodemografiche e professionali dei dentisti; la struttura degli studi professionali in termini di risorse fisiche, di personale e tecnologie; l’attività, il lavoro, le tariffe e le opinioni sulle prospettive; l’economia dell’attività professionale e nello specifico i costi e gli incassi.
A questi temi tradizionalmente investigati, per l’anno 2021 sono stati aggiunti: lo stato d’animo o mood dei dentisti, la formazione, la pensione e le esigenze informative e di comunicazione dell’ANDI.
I risultati dell’indagine sono molti ed articolati. Nel complesso mostrano luci ed ombre, alcuni lasciano intravedere la persistenza di uno stato di crisi e altri indicano invece una resilienza ed un recupero rispetto all’anno orribile del Covid e delle sue conseguenze. La novità sta però nel fatto che crisi, resilienza e recupero non sembrano essere caratteristiche uniformi, attribuibili cioè a tutto l’universo dei dentisti. Sotto questo profilo la professione è apparsa colpita da differenziazioni anche importanti, fratture, crepe (secondo le generazioni di appartenenza, i territori, la possibilità e la capacità di fare reddito e via dicendo), il cui esito complessivo è che strati di dentisti stanno, per così dire, meglio rispetto al 2020 ed altri no.
Qualche dato può dare suffragio a quanto sopra detto. Non è mutata nel biennio 2020-2021 una caratteristica professionale che vede i dentisti operare in più di una fattispecie o combinazione professionale (ad esempio come dentista monoprofessionale e anche come collaboratore).
I dentisti sono pari a 44.611 e 46.009 nel 2021-2020, mentre il numero delle combinazioni rimangono intorno a 62.000-63.683. Questa configurazione può significare che una quota di dentisti stima non adeguato o insufficiente un solo ed unico modo di lavorare per svariate ragioni (voglia di più opportunità, insufficiente reddito?).
Il risultato più eclatante è la progressiva erosione del modello monoprofessionale, il dentista da solo, titolare del suo studio, coadiuvato o meno da personale di vario tipo. Nel 2020 le fattispecie che contemplavano lo studio monoprofessionale erano il 68,1%, mentre nel 2021 si riducono al 59,3%. Facendo riferimento alle modalità esclusive e, cioè, al caso in cui il dentista esercita la professione in una sola ed esclusiva modalità, tale modello scende dal 58,0% del 2020 al 55,9% del 2021.
E quindi se ne evince che gli studi monoprofessionali, sono oggi circa la metà di tutte le modalità esistenti. Se si guarda al fenomeno sotto un ulteriore profilo, quello della titolarità o meno dello studio, si acquisisce un terzo profilo di osservazione. Il dentista titolare scende dal 53,5% del 2020 a 51,2% del 2021. Nell’insieme questi risultati (ottenuti studiando il fenomeno da più prospettive analitiche) implicano che gli eventi del biennio 2020-2021 hanno prodotto una non trascurabile uscita dalla “titolarità”, ovvero, dagli oneri che comporta una gestione autonoma degli studi e, in conclusione, dal modello professionale tradizionale del paese.
Integra la comprensione di questo fenomeno un ulteriore risultato che riguarda le valutazioni che i dentisti hanno maturato a seguito degli eventi del biennio 2020-2021: i titolari esclusivi di uno studio ritengono in maggior percentuale (59.5%) rispetto agli altri dentisti (quelli che sono anche collaboratori o collaboratori esclusivi) che le conseguenze degli eventi occorsi nel biennio siano in parte o del tutto irreversibili. Non si rimane sorpresi se si scopre che lo stato d’animo, il mood, dei dentisti è negativo: in media circa il 65% dei dentisti è stato frequentemente o quasi sempre preoccupato nel biennio ed è interessante notare come nell’incrocio dei dati degli incassi con quelli dello stato d’animo, risulta che i più ansiosi, preoccupati, impauriti, nervosi, risultino con gli incassi inferiori.
Si nota che mentre la struttura degli studi è rimasta più o meno la stessa in termini di figure professionali che operano negli studi (igienisti, assistenti alla poltrona, segretari/e, odontotecnici), è diminuito tra il 2021 re il 2020 il numero delle ore settimanali dei collaboratori odontoiatri e aumentato il numero delle ore di tutte le altre figure professionali.
Il risultato sicuramente più importante e interessante riguarda gli incassi che i dentisti hanno da tutta l’attività professionale, sia questa derivante dalla titolarità dello studio o dal lavoro se si è solo collaboratori.
Nel 2020 rispetto alla situazione del 2019, la percentuale di dentisti era risultata la seguente: il 18,0% dei dentisti dichiarava che l’incasso era rimasto stabile, il 59,3% che era diminuito e il 7,2% che era aumentato. Nel 2021 rispetto alla situazione del 2020, le percentuali sono queste: il 28,6% dichiara incassi invariati, il 24,8% dichiara incassi diminuiti e il 24,2% incassi aumentati.
Nel 2021 si è, cioè, più che dimezzata la percentuale dei dentisti che hanno sperimentato una diminuzione degli incassi e più che triplicata la percentuale di quelli che hanno aumentato gli incassi.
Tale dinamica è a sua volta differenziata per classe di età del dentista, secondo la Regione (percentualmente sono di meno i dentisti che operano nel meridione ad aver aumentato gli incassi) e la titolarità dello studio (la percentuale dei collaboratori esclusivi che hanno aumentato gli incassi è inferiore (18,9%) rispetto a quella dei titolari e dei titolari che operano anche come collaboratori.
Nel 2020 rispetto al 2019 gli incassi erano calati del -18,3%. Nel 2021 rispetto al 2020 il calo è stato pari al -2,3%. Anche a questo proposito le differenziazioni tra dentisti sono marcate. La reazione, o meglio, la performance economica dei dentisti è differenziata secondo molti profili. I risultati dell’indagine permettono di valutare quanto questa performance è dovuta a dati oggettivi, quali ad esempio i costi o le tariffe dei trattamenti e quanto è dovuto all’identità professionale del dentista, al territorio, a fattori attitudinali e in generale al mood dei dentisti.
Tutti i dati qui commentati (molto pochi rispetto al patrimonio informativo delle elaborazioni effettuate) sono reciprocamente coerenti. E questo è un buon indicatore di validità dei risultati. Rimane da spiegare quale è il reale significato del calo di incassi ( -2.3%) registrato dalla professione nel suo complesso in un contesto di aumento della spesa sanitaria privata (ISTAT +9.0%) nel 2021 rispetto al 2020. Ben sapendo che la spesa odontoiatrica rappresenta circa il 25% di tutta la spesa privata e a questa va statisticamente di pari passo.
I risultati della ricerca permettono di spiegare questa apparente incoerenza.