ANDI rilancia su Previmedical
Il settore odontoiatrico insieme a quello assicurativo sono in prima linea, su fronti opposti, nel dibattito sull’intermediazione sanitaria: i fondi che intrattengono relazioni con compagnie assicurative sono passati dal 55% del 2013 all’85% del 2017. Le cure odontoiatriche rappresentano uno dei nodi della questione visto che, come ha fatto notare l’Associazione odontoiatri italiani in audizione parlamentare, il 96% delle prestazioni dell’odontoiatria non è coperto dal Ssn. Gli italiani pagano di tasca propria l’85-90% delle prestazioni dentistiche, mentre un 10-15% è mediato da assicurazioni. Tuttavia in prospettiva si pone una questione di sostenibilità per la categoria qualora il peso dei terzi pagatori aumentasse. Pronti per essere ricevuti in audizione sono anche All’ANDI, l’associazione maggioritaria di settore, dove da tempo è stata avviata una campagna volta a denunciare le difficoltà degli odontoiatri che aderiscono alle convenzioni con enti terzi pagatori (i network convenzionati). In una prima lettera Carlo Ghirlanda, presidente dell’ANDI, aveva già indicato come vi fossero per i professionisti delle difficoltà nell’incasso dei pagamenti da parte, in particolare, di Previmedical. Il tema è tornato nuovamente d’attualità e con una nuova missiva ANDI, inviata a fine gennaio al medesimo destinatario che opera per conto di numerosi fondi sanitari. L’associazione mostra le sue perplessità sulla proposta fatta ai suoi associati di nuove modalità contrattuali in cui si imporrebbe alle «strutture odontoiatriche convenzionate di retrocedere a Previmedical Spa importi che, a ben vedere, sono delle percentuali su prestazioni squisitamente intellettuali, erogabili solamente da professionisti iscritti in albi professionali o elenchi» si legge nella lettera pubblicata sul sito ANDI. Secondo l’ANDI, nella sostanza, Previmedical Spa agisce come controparte contrattuale delle strutture odontoiatriche convenzionate e come tale non sarebbe tenuta a percepire alcuna percentuale sugli onorari delle prestazioni erogate dai professionisti delle strutture odontoiatriche a favore degli assicurati della compagnia Rbm. «Il professionista non può essere obbligato a retrocedere a Previmedical Spa percentuali sui compensi professionali e ciò anche, e non ultimo, in applicazione dei canoni e dei principi deontologici che regolano il decoro professionale», spiega Ghirlanda nella missiva. (Fe.Pe.)
Faro sui fondi sanitari – Al vaglio un rialzo dell’Extra Lea
-di Federica Pezzatti
Il faro delle istituzioni si è focalizzato sui fondi sanitari e a quanto risulta a «Plus24», un paio di settimane fa, c’è stata una riunione al Ministero della Salute durante la quale i principali protagonisti del settore (fondi e le parti sociali) sono stati ricevuti. Il messaggio è stato chiaro: il Ministero sta lavorando a una revisione con proposte di modifiche normative attinenti a questo settore fondamentale del Welfare. Non è ancora chiarissimo in quali direzioni si muoverà. Qualcuno parla già di Sanità di cittadinanza (tenendo conto che il Ministero è guidato da Giulia Grillo del M5s). I protagonisti del settore si attendono, per esempio, un innalzamento della percentuale di prestazioni da erogarsi a precisi ambiti di assistenza (odontoiatria e non autosufficienza) ora fissata almeno nel 20%. Il tutto anche in considerazione del fatto che il problema delle disabilità, attribuibili alla vecchiaia, stanno mettendo sotto stress il sistema pubblico. Va ricordato che i fondi (oggi se ne contano 323) per avere i requisiti previsti dal decreto legislativo 502 del 1992 (ed essere defiscalizzabili) devono favorire l’erogazione di forme di assistenza sanitaria integrativa rispetto a quelle assicurate dal servizio sanitario nazionale (coprendo solo le prestazioni non essenziali e non incluse nei Lea) invece si sono rivelati strumenti sostitutivi del primo pilastro dove ci sono lunghe liste d’attesa. Secondo i dati della fondazione indipendente Gimbe, le risorse destinate alle prestazioni realmente integrative è rimasto stabile negli ultimi anni (intorno al 30%). Inoltre, sempre secondo i dati dell’Osservatorio, a fronte di un incremento medio annuo degli iscritti ai fondi del 22,3%, quello delle risorse realmente impiegate è del 6,4%: i fondi incassano sempre di più ma rimborsano sempre meno. E proprio su questi punti è al lavoro anche il Parlamento che a fine anno ha avviato un’indagine su questo settore del Welfare che resta, a differenza dei fondi pensione, ancora un mondo sospeso, come denunciato da una copertina di Plus24 sul tema uscita il 30 ottobre 2018, in cui si evidenziavano le carenze in questo comparto con oltre 10 milioni di iscritti. Si è mossa la XII Commissione permanente con l’avvio di un’indagine conoscitiva grazie alla quale in questi giorni stanno dicendo la loro le parti in causa (associazioni, Authority o portatori di interessi). Ma vediamo quali sono i punti attenzionati. A quanto risulta dal documento datato 19 dicembre 2018, la finalità dell’indagine conoscitiva è approfondire la materia per valutare l’opportunità di un riordino della sanità integrativa, anche nel senso di rendere più «cogente il divieto già posto ad enti, imprese e aziende pubbliche di contribuire sotto qualsiasi forma di finanziamento, anche indiretto, di associazioni mutualistiche liberamente costituite aventi al finalità di erogare prestazioni integrative al Ssn nonchè di eliminare ogni forma di defiscalizzazione per quei fondi integrativi che non hanno i requisiti previsti dal decreto legislativo 502/92». Inoltre è al vaglio anche la possibilità di vietare ai fondi sanitari integrativi di erogare prestazioni sanitarie sostitutive. La commissione dovrà poi indagare anche sull’opportunità di introdurre, nell’ambito dell’anagrafe dei fondi integrativi del Ssn, disposizioni che impongano la trasparenza e la pubblicità in relazione a tutti gli atti statutari e costitutivi correlati ai fondi integrativi, nonché di disposizioni atte a eliminare ogni conflitto di interesse tra gestori dei fondi e chi promuove i fondi medesimi, verificando anche quale sia l’onere finanziario complessivo riferito alle agevolazioni fiscali legate ai fondi sanitari integrativi. Nell’animo del legislatore parrebbe esserci dunque anche la necessità di fare chiarezza, sia sulle gare (che nei fondi sanitari privati sono tabù), sia sui ritorni di quote di servizio (contributi girati dai fondi alle parti sociali: sindacati e associazioni datoriali) soprattutto nei casi in cui essi non siano dichiarati. I prossimi mesi saranno decisivi per capire quale sarà l’evoluzione di questo settore, dove gli interessi in gioco sono molteplici. L’indagine, stando al documento parlamentare di annuncio, si chiuderà il 30 aprile 2019.