Nelle misure anti-contagio di accesso agli studi, nelle tecniche di implantologia e nei trattamenti sbiancanti, l’approccio dei dentisti italiani è sempre responsabile. Sceglierli liberamente, per Carlo Ghirlanda, è un diritto prioritario.
Gestendone il triage di accettazione secondo le indicazioni operative antiCovid revisionate a metà luglio dal Tavolo tecnico del Ministero della salute, che prevedono procedure di ammissione più morbide agli studi odontoiatrici, ma un’attenzione invariata a contenere il rischio di trasmissione del contagio. «Non solo del coronavirus- precisa Carlo Ghirlanda, presidente di ANDI- ma anche di altre patologie infettive che ci vedono più esposti di altri perché noi siamo professionalmente obbligati al non distanziamento».
Come vi siete adeguati a queste modifiche procedurali all’attività odontoiatrica?
«In modo molto naturale, dal momento che a scrivere tutte le procedure in corso di pandemia siamo stati noi in affiancamento al Cts, compreso il primo manuale di indicazioni operative per la gestione del Covid-19 negli studi odontoiatrici. Il risultato è stato lusinghiero, nel senso che la pandemia ha ovviamente colpito anche noi ma non all’interno degli studi, dove dentisti, collaboratori e pazienti non si sono ammalati. Questo perché le misure di precauzione erano una prassi consolidata da prima del Covid,
con mascherine, guanti e visiere che già adottavamo per proteggere le mucose del naso e della bocca dalla saliva del paziente e viceversa».
Che progressi ha compiuto ultimamente la chirurgia orale italiana e quali nuove tecniche si stanno affermando, ad esempio, sul versante dell’implantologia dentale mininvasiva?
«Oggi la parte scientifica, la parte medica e quella industriale marciano insieme. Questo significa che mentre in passato c’erano impianti dalle lunghezze e dai diametri standard e delle prescrizioni cliniche da rispettare per inserirli correttamente all’interno dell’osso, oggi disponiamo di impianti corti, procedure computer-assistite che ci dicono esattamente dove andare a posizionare l’impianto rispetto alla quantità d’osso disponibile, senza creare innesti ossei o ricrescite d’osso mediante altre tecniche. Lo sviluppo digitale, delle conoscenze radiologiche e la disponibilità dell’industria a creare nuovi disegni e dimensioni
della struttura dell’impianto sta consentendo di sviluppare un’odontoiatria implantologica sempre meno
invasiva con ottimi risultati anche a distanza di anni».
Di anno in anno lievitano i pazienti che si rivolgono al dentista per trattamenti sbiancanti. Quali percorsi raccomandate di seguire in tal senso e quali i pericoli da evitare?
«Lo sbiancamento è un trattamento che modifica il legame chimico doppio delle molecole responsabili della colorazione dei denti senza intaccare l’integrità strutturale dello smalto dentale. Utilizzati nella concentrazione adeguata, gli sbiancanti come il perossido di sono in grado di recuperare le capacità di rifrazione della luce nel dente e ottenere l’effetto dello sbiancamento. Oggi lo sbiancamento è consentito solo ai dentisti, al cui parere devono essere subordinati anche i cosiddetti trattamenti domiciliari;
pertanto chi vende prodotti sul web o in farmacia commette un abuso. Il rischio è tali prodotti contengano sostanze a base di ammoniaca che offendono la superficie del dente consumandolo. Con il risultato che invece di migliorarne l’estetica lo danneggiano a livello strutturale».
L’accesso alle cure odontoiatriche è un tema che guadagna spazio anche nelle agende elettorali. Su quali priorità sensibilizzerete l’interlocutore politico in queste ultime settimane di campagna?
«Consapevoli del fatto che non tutti gli italiani possano permettersi di andare dal dentista, vorremmo rilanciare un progetto di odontoiatria sociale già sottoscritto con il Ministero della salute nel 2008 e che poi non ebbe seguito. Su questo siamo pronti ad agire come categoria, rendendoci disponibili a fornire cure odontoiatriche che coprano solo i costi vivi a quella fascia di cittadini, di cui tanti anziani, che normalmente non potrebbero accedervi. Per evitare però che si tratti di un percorso spot, è chiaro che a monte serve una riprogrammazione del ruolo dell’odontoiatria nel pubblico, studiando modelli di sussidiarietà e di integrazione pubblico-privata e cercando sponde anche con i colleghi della medicina ambulatoriale a un problema che si trascina da tempo».
Atri obiettivi che intende porre in cima alla sua agenda di mandato, da poco rinnovato?
«Due su tutti: il primo è il diritto alla libera scelta del dentista curante da parte del cittadino, attraverso una riforma della sanità integrativa che impedisca ad esempio i “ricatti” a cui alcuni gruppi assicurativi sottopongono i pazienti a fronte di un rimborso della prestazione. Generando profitti che derivano dalla contrattazione tra aziende e lavoratori e sfuggono alla fiscalità generale, a vantaggio di pochi.
Il secondo è una regolamentazione dei provider odontoiatrici su strada che sono società di servizi senza controllo e che scompaiono dalla sera alla mattina lasciando migliaia di persone con lavori già pagati e non eseguiti. Qui chiediamo tutela per il cittadino e indirettamente anche per noi professionisti». ■