“Semel in anno licet insanire”, dicevano gli antichi, mentre in tempi più recenti erano in molti a condividere il detto per il quale “a tavola non si invecchia”. Più in generale, con le dovute attenzioni, la buona tavola e le sue follie sono una tentazione forte per tutti o quasi, specialmente in occasione delle feste comandate.
Pasqua si avvicina e anche le uova di cioccolato, pastiere, colombe e ogni altro dolce, più o meno rituale, tornerà ad arricchire le tavole domenicali o quelle della tradizionale gita di Pasquetta.
Ma con tutti questi zuccheri… i denti?
Certamente si metteranno in pratica le buone abitudini e gli strumenti raccomandati, ma prima sia concessa, in ottemperanza al detto latino, un pizzico di “follia” enogastronomica, con un abbinamento adeguato alle tipicità di fine pasto più in voga in questi giorni, cominciando da un grande classico: la colomba.
Per questo dolce l’accompagnamento ideale va ragionato in funzione della presenza più o meno marcata di ingredienti accessori. Se per un impasto semplice, senza uva passa e canditi, un Moscato, con la sua frizzante freschezza può rappresentare una felice soluzione, all’aumentare di sultanina, cedri, arance e canditure varie, ecco crescere l’esigenza di maggior struttura e complessità: rimanendo sul Moscato, esistono etichette che propongono vendemmie tardive, unendo la felice beva di questo vitigno con la ricchezza di una leggera sovramaturazione. Anche vini aromatici “fermi” e passiti dal tenore zuccherino moderato ben si adattano ai dolci lievitati, grazie ai sentori di arancia, delicate spezie e fiori bianchi, in accordo con quelli dei canditi della colomba.
Con il dolce pasquale partenopeo per eccellenza, la pastiera, si sale necessariamente di tono: la consistente ricchezza della pasta frolla, la grassezza della ricotta, con gli aromi di arancia e cannella, uniti ai canditi, si dovrà per forza affiancare un vino di buona alcolicità, significativa freschezza e aromaticità. Un Marsala Superiore, per esempio, meglio se affinato per diversi anni, una Malvasia (delle Lipari, magari, una vera chicca) oppure, addirittura un rosso come il Recioto Soave della Valpolicella, con il suo colore violaceo e intenso e la sua eleganza proverbiale.
In conclusione, si arriva al cioccolato: rotte le uova, scoperte le sorprese, il gioco all’abbinamento diventa ancor più arduo e impegnativo, specialmente se si tratta, come sarebbe auspicabile, di un cioccolato fondente di buona qualità. Una soluzione per tutte, tale da funzionare anche come digestivo di fine pasto: il Barolo Chinato.
Per anni considerato alla stregua di un medicamento, frutto dell’estro erboristico di un farmacista, Giuseppe Cappellano, è un’esplosione di sapori e profumi. Ricco di virtù organolettiche e non solo, si dice abbia addirittura doti afrodisiache. Il vino base, già di per sé di grande struttura viene “conciato” con un infuso di erbe, la cui predominante è la China Calissaia. Ogni produttore ha la sua ricetta segreta, che si tramanda di generazione in generazione, dove gli equilibri tra zucchero, spezie ed erbe ne caratterizzano l’originalità.
Chiudere il pranzo pasquale con questo elisir straordinario è un’esperienza che può travalicare un normale abbinamento al cioccolato, quasi un tuffo nella tradizione sabauda ottocentesca.
Ma se le pratiche golose e pantagrueliche tipiche delle feste devono essere “semel in anno…” o poco più, da spazzolino, dentifricio e filo interdentale non ci si può esimere mai!