Esiste un’Enpam delle storie. Fatte di sospetti finanziari, di pseudo titoli tossici, di acquisizioni dubbie di immobili, di affitti clientelari di case di proprietà.
E poi c’è la Fondazione Enpam reale. Che invece persegue una trasparenza assoluta rendendo pubblica la situazione patrimoniale dei suoi vertici con regole e criteri mutuati direttamente dalla Magistratura contabile.
Gli amanti delle storie hanno sempre agitato lo spettro del rischio di commissariamento.
Invece le tre riforme (della gestione del patrimonio, della previdenza e dello statuto) attuate dalla nuova dirigenza hanno riportato l’equilibrio dei conti.
Ciononostante, nel 2016, gli Ordini di Milano e Bologna hanno continuato a chiedere il commissariamento della Fondazione.
GIUSTIZIA
Il consiglio di amministrazione dell’Enpam, in tutta risposta, ha adito il tribunale contro queste accuse, perché il danno d’immagine procurato si traduce in una frattura sia generazionale con i giovani, sia professionale con i colleghi dipendenti iscritti all’Inps. Senza trascurare gli effetti economici negativi che i danni reputazionali fanno scendere a cascata su tutti.
Nel frattempo la magistratura ha emesso numerose sentenze. Tutte hanno puntualmente e sempre smentito che ci fossero squilibri finanziari o irregolarità gestionali (Gallazzi-Sri smentito sia in sede penale che civile; Sciacchitano perdente quattro volte su quattro sia in sede amministrativa sia in sede civile). Chi gettava ombre sull’Enpam è stato anche condannato a pagare le spese processuali.
Insomma: da una parte le storie e dall’altra i numeri e i fatti.
NUMERI E FATTI
L’ultimo bilancio consuntivo 2018 e i preventivi 2019 e 2020 sono stati approvati dall’Assemblea nazionale senza voti contrari e con due soli astenuti (i presidenti degli Ordini di Milano e di Bologna).
Perfino il conduttore di “Fuori dal coro” Mario Giordano, nella puntata in onda su Rete Quattro il 7 gennaio, ha testualmente affermato: “L’Enpam in passato ha avuto alcuni problemi. Adesso invece va dato atto al Presidente che i conti sono in ordine”.
Il clamore sollevato dalla trasmissione sembra concentrarsi quindi solo sul compenso stabilito dall’Assemblea nazionale per il Presidente, anche se probabilmente, come accaduto in passato, si estenderà ai componenti degli organi collegiali di gestione, controllo e rappresentanza.
APPETITI
Le elezioni per il rinnovo degli organi collegiali si avvicinano. La Fondazione ha un patrimonio ingente che può far gola, mentre l’Inps per il decimo anno consecutivo porterà un bilancio negativo pareggiato dalle tasse degli italiani.
Allo stesso tempo la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione sta sempre più allontanando l’Enpam dal polo pubblico. Ma le finanziarie costano…. a pensar male si fa peccato.
COSTI
I costi degli organi collegiali in questi anni si sono complessivamente ridotti, nonostante i componenti dell’Assemblea nazionale siano aumentati per accrescere la rappresentatività e la democraticità, mentre il patrimonio nello stesso periodo è notevolmente aumentato. Una riduzione realizzata come promesso, e con una spesa rimasta sempre sotto la soglia condivisa con i ministeri vigilanti.
Con la nuova presidenza i compensi sono stati tagliati del 10% in due riprese, prima ancora di essere legittimamente definiti nel 2015 da un’Assemblea nazionale che si è regolarmente insediata in base al nuovo statuto approvato dai ministeri vigilanti. Un’Assemblea che conosce la complessità delle attività dell’Enpam e che è stata compiutamente informata, mediante lavori comparativi specifici realizzati dalle società Spencer Stuart ed Egon Zehnder, che hanno confrontato Casse e istituti che gestiscono pari volumi finanziari.
Riporto sotto alcuni dati a questo proposito.
A giugno scadrà il mandato e si rinnoveranno le cariche! Spetterà alla nuova gestione definire l’esigenza di un eventuale adeguamento dei compensi.
PARAGONI
Al di là del richiamo alle regole e ai fatti, mi preme ora evidenziare che chi contesta la congruità dei compensi incappa in un ragionamento capzioso che si basa sul bias concettuale di rapportare il compenso del presidente (che deve essere anche medico) a quelli della professione, come ho sempre sostenuto, indegnamente scarsi. Peraltro sono ormai numerosi gli esempi di medici che diventano dirigenti di aziende sanitarie e che vedono adeguati i loro compensi al nuovo ruolo dirigenziale amministrativo.
In realtà il presidente dell’Enpam ha una funzione di rappresentante legale della Fondazione di diritto privato, in pratica un amministratore con deleghe rilevanti, chiamato a gestire questioni sia sul versante previdenziale sia su quello finanziario, con specifico obbligo statutario di essere iscritto all’ente e di possedere precisi requisiti di competenza. Deve quindi essere anche abilitato come medico od odontoiatra: in altre parole, l’Enpam non consente di fare scelte previdenziali, economiche e finanziarie che incidono sulla categoria a chi non ha esperienza diretta della realtà professionale.
Per esperienza personale, credo che chi deve compiere scelte che hanno ricadute sui colleghi, dalla continuazione volontaria della professione trae elementi che gli consentono di esercitare il mandato al meglio e in modo appropriato.
RESPONSABILITÀ
I compensi sono chiaramente collegati alle responsabilità e ai rischi reali: la società Sri, tanto per fare un esempio, fece causa chiedendo 100milioni di euro di presunti danni alla persona fisica Alberto Oliveti. La comparazione sulle cifre va dunque fatta con i manager che rispetto all’Enpam gestiscono pari volumi finanziari, considerando in aggiunta il ruolo previdenziale.
Il presidente dell’Inps, spesso usato come termine di paragone, ha invece un incarico tecnico a nomina politico-partitica. È chiamato a guidare un immenso Istituto in deficit cronico, ma non ha particolari responsabilità finanziarie o patrimoniali. Non a caso guadagna meno dei suoi stessi dirigenti. Dopodiché, con i 18mila appartamenti che l’Inps ha sfitti in tutta Italia, c’è da chiedersi se lo stipendio sia effettivamente adeguato e congruo.
PARAMETRI
Gli studi presentati nel 2015 all’Assemblea Nazionale che doveva ridefinire i compensi Enpam, vertevano sulla valorizzazione del ruolo del Presidente, dei vice Presidenti, dei consiglieri e dei sindaci, in comparazione a realtà analoghe.
L’ultimo studio sui top manager italiani (Il Sole24ore, 19 dicembre 2019, su dati Mediobanca) rivela che il compenso medio per un consigliere con deleghe decisionali in Italia è di 850mila euro all’anno, senza considerare i compensi derivanti da altre cariche, che spesso si cumulano.
Appare curioso come nessuno si ponga la questione delle retribuzioni dei presidenti delle banche in cui deposita i propri risparmi o delle assicurazioni cui versa i premi. Altrettanto stupefacente è che nessuno contesti come il Presidente della Repubblica possa guadagnare oltre quindici volte di meno rispetto a un portiere di riserva di serie A mai entrato in campo.
Eppure la Fondazione, grazie a miliardi di euro che non sono piovuti dal cielo ma che sono il frutto di buoni investimenti, oggi è in grado di offrire un livello di coperture previdenziali, assistenziali e di welfare professionale senza eguali in Italia.
Nei fatti oggi i medici e i dentisti convenzionati e liberi professionisti possono contare su 50 anni di sostenibilità per le loro pensioni. Una garanzia che i dipendenti non hanno relativamente alla loro pensione principale di competenza Inps; ma grazie alla Quota A tutti – medici dipendenti compresi – hanno la certezza di un assegno di base Enpam e tutto il welfare che la Fondazione mette a disposizione.
TRASPARENZA PIENA
Per concludere, dalla mia dichiarazione dei redditi 2018 risulta:
Reddito complessivo (rigo RN1) €599mila (comprensivo di reddito professionale RC1 €120.000); Reddito imponibile (RN4) €528mila; Imposta lorda (RN5) €220mila, che si aggiunge all’IVA versata per €130mila, che notoriamente costituisce un costo aziendale ma non è un elemento di reddito del professionista: è stato scorretto farla passare in trasmissione come un mio compenso.
Così com’è stata scorretta la giornalista che ha realizzato l’intervista aggredendomi all’uscita del mio studio a Senigallia alle 18,30 dell’antivigilia di Natale, dopo che si era fatta visitare da me fingendosi una paziente. Così come sono stati scorretti i tagli portati all’intervista stessa, riducendone il contenuto e i significati.
A pensar male si fa peccato!
Cordiali saluti,
Alberto Oliveti