“Ero al lavoro nel mio studio quel pomeriggio di febbraio e subito il mio smartphone è stato inondato di messaggi di colleghi e amici”.
Sono passati quasi due mesi dalla diagnosi del paziente-uno di Codogno, ma il ricordo del kick off silenzioso della partita contro il Covid-19 è marchiato con il fuoco nella memoria di Andrea Morandi, Presidente Commissione Albo Odontoiatri della provincia di Cremona.
“Ho compreso immediatamente che il nostro territorio sarebbe stato messo a dura prova: ho chiamato il mio collega Marco Landi (Presidente CAO Lodi) ed il sabato successivo abbiamo partecipato alla prima riunione tra ATS e Prefettura. In quella circostanza abbiamo entrambi avuto conferma della reale portata dell’emergenza come da miei timori iniziali: e già 24 ore dopo, la CAO di Cremona ha diramato una comunicazione a tutti gli iscritti per ridurre il rischio negli studi odontoiatrici a difesa dei pazienti e degli operatori. Con il “senno di poi” possiamo affermare di aver comunque contenuto i danni visto che la comunicazione ufficiale di chiusura degli studi odontoiatrici di Regione Lombardia è arrivata dopo il 21 marzo”.
Qual è stato l’impatto immediato sulla vostra categoria?
“Intanto noi odontoiatri siamo già formati a proteggerci dalle infezioni come quelle del recente passato (hiv, epatite) pur rimarcando che il meccanismo di trasmissione del Covid-19 appare diverso dai virus sino ad oggi studiati dalla comunità scientifica internazionale. I pazienti in urgenza ci sono stati e continuano ad esserci: possiamo monitorare a distanza con una terapia farmacologica ma si arriva ad un punto in cui non poter differire il nostro intervento perché un’infezione può aggravarsi a dispetto della terapia antibiotica o, per esempio, possono esserci delle fratture o altre patologie acute da gestire chirurgicamente”.
Il vostro paziente come sta reagendo psicologicamente?
“ Percependo la tranquillità di chi opera seguendo i protocolli validati a tutela della salute di entrambi (chirurgo e paziente): serve una corretta informazione per chiarire che la riduzione delle attività alle sole urgenze non deriva dal rischio potenziale di mettere piede in uno studio odontoiatrico, ma dall’attenersi ad indicazioni ministeriali precise per diminuire la mobilità dei cittadini”.
Proroga del lockdown fino ad inizio maggio. Quale la priorità per la cosiddetta fase 2?
“ A seconda della diffusione dei dati epidemiologici delle singole regioni, può essere ragionevole una ripartenza a step differenziati: non spetta a me dirlo ma alla Federazione Nazionale Ordine dei Medici e alla Commissione Albo Odontoiatri Nazionale di concerto con Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità”.
Quale sarà il ruolo dei sindacati?
“E’ fondamentale una sinergia tra CAO Nazionale e sindacati per redigere in questo periodo che ci separa dalla probabile riapertura protocolli chiari: i colleghi hanno bisogno di regole certe per essere rassicurati. In questo senso è sotto gli occhi di tutti l’ottimo lavoro del Presidente ANDI Ghirlanda e del suo team per aggiornare giorno dopo giorno la categoria: dall’utilizzo dei dpi, alle procedure per riorganizzare l’attività”.
A proposito di dpi, qual è lo stato dell’arte nella sua provincia?
“ANDI ha attivato un sondaggio per capire le necessità di ciascuno di noi: è auspicabile in questa prima fase di difficoltà di approvvigionamento che vi sia un supporto dei dipartimenti regionali coordinati da ANDI nazionale affinchè su tutto il territorio non vi sia penuria di dispositivi di protezione. Per ripartire bene serve ribadire un concetto basilare: è vero che l’odontoiatria in Italia per oltre il 95% viene esercitata in regime di libera professione, ma guai a dimenticare che si tratta di prestazioni che dovrebbero essere erogate dal Servizio Sanitario Nazionale. Le urgenze vanno sempre garantite”.