La Professoressa Baggio, Presidente del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e Docente dell’Università di Padova, terrà la Lectio Magistralis dal titolo La Medicina di genere e le implicazioni da Pandemia Covid-19, prevista alle 10:30 del 20 febbraio nel programma del Convegno online “Sindromi dolorose croniche in medicina ed odontoiatria: una differenza anche di genere”.
Nell’intervista ad ANDInews, Giovannella Baggio anticipa il tema centrale del suo intervento e sottolinea come “La medicina di genere sia una dimensione trasversale a tutte le specialità della medicina”
Professoressa, lei è stata titolare della prima cattedra di Medicina di genere in Italia e Presidente del Centro Studi Nazionale di Salute e Medicina di Genere. Ad oggi, sta aumentando l’attenzione nei confronti della Medicina di genere?
L’attenzione sta aumentando, anche perché adesso abbiamo una legge, la n.3/2018, “Applicazione e Diffusione della Medicina di Genere nel Servizio Sanitario Nazionale”, e ci sarà l’obbligo di insegnamento in base alle differenze di genere, di tutte le patologie, ed oltre a questo ci sono i Decreti attuativi approvati nel 2019. La Sottosegretaria On. Sandra Zampa, delegata alla medicina di genere, ha avviato l’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere. Siamo molto più avanti rispetto a quei tempi in cui io muovevo “le acque” rispetto a questa tematica.
Va detto, però, che le cattedre di Medicina di genere non hanno più senso oggi, perché la medicina di genere non è una branca a sé stante. Ciò poteva andare bene nel 2012, poiché nessuno sapeva cosa fosse, ma la Medicina di genere è una dimensione trasversale a tutte le specialità della medicina e dev’essere declinata in tutte le specialità della medicina, quindi sarebbe più appropriato definirla Medicina di genere – specifica.
Rispetto alla terribile pandemia che stiamo vivendo, i dati epidemiologici ci dicono che la mortalità del genere femminile è inferiore rispetto a quello maschile. Ce ne può parlare?
La donna, innanzitutto, è più colpita dal COVID, ma muore di meno: per quanto riguarda il convegno, io avrò delle diapositive specifiche su questo argomento. Possiamo dire che la donna, è più esposta al COVID (infermiere, operatrici sanitarie, badanti…), ma la letalità del COVID-19 è inferiore nella donna.
Ad oggi ci sono diverse teorie che cercano di spiegare in modo specifico le motivazioni di questa differenza. Innanzitutto, la donna fuma di meno e beve di meno, ma è anche più attenta alle tre regole fondamentali per contrastare il COVID, ossia lavaggio frequente delle mani, uso della mascherina e distanziamento. Spesso, poi, è colei che fa applicare queste regole alla famiglia e questo verrà dimostrato da lavori recenti che farò vedere durante il convegno. C’è, poi, un discorso biochimico, più complesso: ci sono dei meccanismi recettoriali, tra il virus e le cellule, in cui la donna è avvantaggiata. Ad esempio, il recettore ACE2, che diminuisce l’entrata del virus nella cellula polmonare è stimolato dagli estrogeni. Nell’uomo, invece, per via della proteina TMPRSS2, stimolata dagli androgeni, il SARS CoV-2 entra più facilmente nelle cellule. Il sistema immunitario, poi, è più attivo nella donna rispetto all’uomo, inoltre gli estrogeni hanno effetti antinfiammatori, mentre il testosterone ha degli effetti immunodepressivi. Tutto questo rende il sistema immunitario del genere femminile più vivace rispetto a quello dell’uomo.