Molti colleghi si chiedono come mai, pur avendo un patrimonio così ingente (25 miliardi circa), l’ENPAM continui a mantenere una aliquota contributiva al 19,5%, oppure non rivaluti le pensioni o non intervenga con maggiori risorse a sostegno degli iscritti in difficoltà, specie in questo periodo di pandemia. La risposta a questi, legittimi, dubbi sta nelle norme di legge che regolano la vita degli enti di previdenza privatizzati.
Il comma 2 dell’articolo 2 del D.lgs. 509/94, la legge che ha privatizzato gli enti di previdenza e assistenza dei professionisti, tra i quali l’ENPAM, recita:
“La gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale.”
La lettera C, del comma 4 dell’art. 1 della stessa legge, tra i criteri che gli enti devono rispettare individua la:
“previsione di una riserva legale, al fine di assicurare la continuità nell’erogazione delle prestazioni, in misura non inferiore a cinque annualità dell’importo delle pensioni in essere”.
Questo significa che dai bilanci tecnici, individuati anche come bilanci attuariali, deve risultare che il patrimonio degli enti deve essere almeno 5 volte l’entità delle pensioni erogate in quell’anno. Cioè, se un ente ha erogato un milione in pensioni deve avere un patrimonio di almeno cinque milioni per garantire negli anni successi il pagamento delle pensioni stesse.
Ma che cosa sono i bilanci tecnici e chi li fa?
Una definizione abbastanza completa e attuale recita: “iI bilancio tecnico attuariale, nell’ordinamento giuridico italiano, è un bilancio di previsione di un ente di gestione di forme di previdenza obbligatorie (previdenza di primo pilastro) o di fondi pensione, sviluppato per un periodo futuro fino a 30 anni, oppure a 50 anni o a 90 anni, che tiene conto per le entrate contributive o fiscali o dei premi degli assicurati e le uscite previdenziali previste della legislazione vigente o delle rendite previste dai contratti; esso è sviluppato partendo dai dati iniziali di patrimonio e popolazione degli iscritti, reali, e sulla base delle tabelle attuariali di mortalità della popolazione e dei parametri di sviluppo dell’economia (variazione del PIL, inflazione, rendimento del patrimonio) e delle spese di gestione, valuta l’equilibrio della gestione finanziaria dell’ente o del fondo pensione cui è riferito. Il bilancio tecnico attuariale è redatto dagli attuari.” La legge istitutiva prevedeva un periodo di almeno 15 anni, interventi legislativi successivi l’hanno portato prima a 30 e poi, con la legge Fornero, a 50 anni.
Il Consiglio Nazionale dell’ordine degli attuari così definisce il professionista:
“L’attuario si occupa di determinare l’andamento futuro di variabili demografiche ed economiche-finanziarie, disegnando quale sarà la realtà nel breve, medio e lungo periodo. Gli attuari possiedono quindi gli strumenti analitici per valutare fenomeni economici quantitativi caratterizzati dall’incertezza; ad esempio, calcolano le tariffe delle assicurazioni responsabilità civile auto e danni, delle assicurazioni vita e sulle persone più in genere, modellano prodotti finanziari, valutano l’equilibrio tecnico dei Fondi pensione ed i rischi aziendali.”
In pratica, ogni 3 anni, un attuario individuato con una gara europea sulla base dei dati interni all’ENPAM (età degli iscritti, ingressi previsti nella professione, aspettativa di vita, regole dei singoli fondi ecc.) e dati forniti dal Governo, in particolare MEF e Ministero del Lavoro (PIL previsto, Inflazione attesa e altro) stabilisce, anno per anno, le entrate contributive e le uscite pensionistiche e assistenziali, il rendimento atteso del patrimonio e la riserva legale (i 5 anni di garanzia che la legge richiede e che abbiamo visto prima). Da questo bilancio deve risultare non solo la tenuta nel tempo dei 5 anni di garanzia (bisogna considerare che ogni anno cresce l’entità delle pensioni pagate (nel 2019 è stata di 1.969.048.245 e nel 2020 2.448.096.880, quindi la riserva legale è passata da quasi 10mld a quasi 12,5 mld! e aumenterà fino al raggiungimento dell’apice della gobba pensionistica), ma anche la capacità di erogare le pensioni per 50 anni utilizzando i contributi che arriveranno e il rendimento del patrimonio. Non è possibile, con la legge attuale (la legge Fornero) utilizzare il patrimonio per pagare le pensioni. E questo perché, secondo la legge, il patrimonio serve a garantire le pensioni a chi non è ancora iscritto all’ENPAM (questo il significato dei 50 anni: oggi dobbiamo garantire la possibilità di prendere la pensione a chi oggi ha 18 anni, diventerà medico o odontoiatra e andrà in pensione a 68 anni).
Dall’ultimo bilancio tecnico, basato sui dati del bilancio consuntivo 2017 (il prossimo sarà elaborato sui dati del consuntivo 2020 in discussione nella assemblea di fine aprile) avremo il picco delle pensioni per I medici di medicina generale intorno al 2030 e il picco per i liberi professionisti intorno al 2040. In entrambi i casi i contributi che arriveranno dagli appartenenti a quelle categorie non saranno sufficienti a pagare le “loro” pensioni neanche con le quote del rendimento del patrimonio loro spettante, ma, fortunatamente, il patrimonio della Fondazione è unico e solo per comodità di calcolo e di previsione attribuito ai singoli fondi. Questo permette una importante e indispensabile solidarietà tra le categorie che fanno parte dell’ENPAM.
Questi bilanci tecnici e le norme che regolano la previdenza dei professionisti non consentono alle singole casse una elasticità di interventi che pure in qualche occasione sarebbero indispensabili (per esempio la pandemia che ha messo in forte difficoltà i liberi professionisti iscritti all’ENPAM che, approfittando del buon andamento del fondo quota B, ha erogato 176mln circa di sostegni!).
Tornando ai dubbi espressi all’inizio, molti iscritti lontani dalla pensione si chiedono perché l’ente non abbassa le aliquote contributive e i pensionati perché l’ente non aumenta le pensioni vista l’entità del patrimonio (nel 2020 il patrimonio è tale da garantire non 5 anni, ma quasi 12!): sono i risultati di questi bilanci che lo impediscono: si perderebbe la stabilità a 50 anni e, probabilmente, il mantenimento dei 5 anni di garanzia negli anni del picco dei pensionati, e il Ministero del Lavoro interverrebbe nominando un commissario affidandogli l’obiettivo di riportare i bilanci tecnici in equilibrio.