Continuano le collaborazioni della Fondazione ANDI onlus con le associazioni che si impegnano contro la violenza sulle donne e sui minori.
Domenica 4 dicembre si è svolto via web l’incontro di Fondazione ANDI (che ha dato il patrocinio all’evento) e gli “Stati generali delle donne dell’Abruzzo”, grazie all’interessamento della componente del Gruppo di lavoro “Politiche di genere” Simona Di Giacomo. Argomento della serata: “La Convenzione di Istanbul: i diritti delle donne sono diritti umani”.
Si è parlato quindi di questo importantissimo trattato internazionale ratificato dal Consiglio d’Europa per affrontare la violenza soprattutto domestica come un fatto non privato ma pubblico.
La firma della Convenzione avvenuta a Istanbul nel 2011 e sottoscritta dall’Italia nel 2013, invita gli stati firmatari a cambiare le loro leggi se non adeguate alla tutela delle vittime e alla punizione dei violenti in modo tale che non sia più una questione di buona volontà ma un obbligo giuridico. È stata firmata da 45 paesi che hanno riconosciuto la necessità di uniformare le norme giuridiche per stabilire un omogeneo livello di protezione in tutta Europa vietando ogni discriminazione e violazione dei diritti umani.
La dottoressa Ciabattini ha descritto i principali obiettivi raggiunti dal Gruppo di lavoro Politiche di Genere insieme alla Fondazione ANDI: dapprima la FAD per formare i colleghi al riconoscimento precoce di casi di violenza (a breve ci sarà l’aggiornamento), poi il Vademecum, per aiutare il medico e il dentista a non tralasciare nulla allorquando devono denunciare alle autorità un caso e
inoltre la Guida dedicata al cittadino che trovandosi di fronte a un caso di violenza sappia cosa fare.
Successivamente ha affrontato il tema della grave ondata di repressione che ha colpito le donne iraniane in seguito alla ribellione messa in atto in più di duecento città dopo la morte della giovane uccisa e torturata per una ciocca di capelli visibile e non coperta dal velo.
È di fatto una sfida contro il potere con la forza dell’incoscienza dei giovani che affrontano la Polizia ma anche la morte.
Sono quelle stesse donne che oggi denunciano il dramma che si consuma nel loro paese dove con stupri, torture, prigionia per donne ma anche per uomini, si vuole reprimere nel sangue e nel terrore la rivolta.
Questi paesi non accetterebbero mai di firmare una convenzione tipo quella di Istanbul. Il velo viene imposto come un simbolo fortissimo, rappresentando la sottomissione delle donne che, di fatto, le priva di quei diritti fondamentali che sono prima di tutto diritti umani, mantenendo uno stato di terrore che frena ogni tentativo di rivolta.
Quelle donne un tempo erano libere di decidere della propria vita e del proprio futuro come lo siamo noi e questo fa veramente paura…