Accanto alle misure di limitazione della mobilità, ad oggi largamente condivise, e allo sforzo del personale medico e ospedaliero, la corrente pandemia ha richiesto una rapida risposta da parte del mondo della ricerca.
Tra le domande eminenti degli epidemiologi, ha ricevuto una cura particolare quella delle condizioni, umane e ambientali, che potessero risultare pertinenti alla larga diffusione del virus. Recentemente, questa indagine ha portato all’attenzione degli esperti l’uso delle sostanze ricreative, tabacco, e-smoking e droghe leggere in primis.
Esistono almeno due punti di contatto tra la corrente epidemia e il consumo di sostanze psicoattive. In primo luogo, condizioni di promiscuità diffuse in alcune culture del fumo – quali passarsi accendino e sigaretta, pipa, o
insufflatore di shisha – agirebbero come chiari vettori del contagio.
Ma, in maniera più specifica, anche la tanto semplice quanto necessaria azione di portare il prodotto alla bocca, e ripetutamente, andrebbe a veicolare i patogeni direttamente al cavo orale, facilitando così la diffusione del virus.
In secondo luogo, l’indebolimento del sistema immunitario generalmente registrato in casi di abuso di sostanze, in unione con la comprovata azione deleteria di molte di queste sull’apparato cardiovascolare e respiratorio, risulterebbe particolarmente
negativa per un virus che, nella maggioranza dei casi, si manifesta eminentemente con complicazioni legate proprio all’apparato respiratorio.
Anche in assenza di agenti cancerogeni o situazioni di dipendenza e abuso, a pesare sulla risposta alla malattia contribuisce in buona misura la minore capacità polmonare, registrata anche nel caso di utenti di sigaretta elettronica o fumatori occasionali.
Va comunque ricordato come, ad oggi, i dati sull’argomento siano ancora pochi e, in alcuni casi, inconcludenti; tuttavia, anche in questa situazione incerta, quanto raccolto sembra indicare una correlazione negativa tra abuso di sostanze ed effetti del COVID 195; correlazione, tra l’altro, assincerata nel caso di polmoniti generiche o altre patologie dell’apparato respiratorio. Se quindi una prova provata della correlazione diretta tra consumo di sostanze psicoattive e diffusione della pandemia, ad oggi, non esiste, esistono però numerosi studi che legano strettamente sintomi, danni e capacità di recupero sofferti da pazienti con patologie consimili ai danni causati dal fumo.
Indizi e analogie sufficienti, si ricorda da più parti, per raccogliere le ormai decennali campagne di sensibilizzazione promosse dai maggiori organismi internazionali, volte limitare questa pratica.