Parte dal 10 febbraio la campagna di vaccinazione per i soggetti inseriti nella seconda area prioritaria del programma vaccinale in Lombardia. Il dettaglio della situazione nel commento del Presidente del Dipartimento ANDI Lombardia, Evangelista Giovanni Mancini.
Dottor Mancini, qual’è lo scenario vaccini nella vostra Regione per il settore odontoiatrico?
In Lombardia siamo vicini alla fine delle vaccinazioni dei sanitari delle strutture ospedaliere pubbliche e private convenzionate, in quanto ad oggi siamo arrivati a 330 mila persone, cifra molto vicina al totale di 340 mila. Dal 10 febbraio, come dichiarato recentemente dall’Assessore alla Sanità e Welfare Letizia Moratti, inizierà la fase 1 bis, relativa a tutti i sanitari di strutture private non convenzionate, quindi medici e, ovviamente, dentisti. Su questo mi sento di puntualizzare come la stampa, a volte, cada in un errore di comunicazione: a volte, su alcune riviste, viene riportato genericamente operatori socio-sanitari, senza specificare che si tratta di persone inserite in strutture pubbliche o private, ma convenzionate con la Regione, soggetti che Arcuri ha deciso di mettere giustamente in prima linea sul fronte vaccinazioni. I dentisti si adombrano, ma va detto che tutti gli operatori sanitari di strutture private non convenzionate sono messi sì nella fascia 1, ma definita come 1 bis ed il problema a mio avviso è solo questo, ma è una scelta che va comunque rispettata.
Dal 10 febbraio, quindi, partiranno le vaccinazioni della fase bis, ma ciò su cui abbiamo dei dubbi sarà come inserire il personale all’interno di queste vaccinazioni: non sappiamo se il nostro personale sarà inserito nelle vaccinazioni, in quanto allo stato attuale sono stati raccolti dagli Ordini gli elenchi dei colleghi che vogliono vaccinarsi ed in alcune sedi provinciali ovviamente anche il personale che opera negli studi, per chi lo ha in servizio. Ma su questo non c’è chiarezza, perché non sappiamo se il nostro personale verrà assimilato a quello sanitario in questa fase 1 bis
Già dalla prossima settimana, quindi, dovremo impegnarci per evidenziare questa problematica. Noi abbiamo avviato, a riguardo, due fronti di sollecitazione alla Regione Lombardia: sia la richiesta da parte degli Ordini che, come ANDI, quella all’interno di Confprofessioni, in quanto l’intento, anche come datori di lavoro, è considerare in modo prioritario per le vaccinazioni tutto il personale degli studi. Siamo in attesa di chiarimenti a riguardo da parte della Regione e spero che la questione si chiarisca già nella prossima settimana.
Misure di sicurezza e protocolli all’interno degli studi odontoiatrici. Come odontoiatra privato cosa proporrebbe? Quali modifiche attuerebbe?
L’evidenza dell’ultimo anno ci dice che il contagio all’interno degli studi odontoiatrici è vicino allo zero, questo vuol dire che abbiamo saputo adottare delle ottime misure di protezione per i pazienti, per noi e per il personale. Questo è anche il motivo per cui il Ministero non ha inserito l’Odontoiatria nelle attività più a rischio. Sullo scenario futuro immagino una situazione in cui gli operatori saranno vaccinati ed i pazienti lo saranno in modo graduale: temo che, in mancanza di evidenze scientifiche certe, rimarranno comunque molte protezioni, quali camici monouso, visiere e mascherine FFP2. Io credo che l’attenzione dovrà rimanere molto alta, nonostante i vaccini. Al momento, riferendomi al mio studio, non cambierei nulla ed anzi consiglierei i medesimi accorgimenti a tutti i colleghi.
In che modo la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto sulla capacità di fornire assistenza?
La pandemia ha sicuramente avuto un impatto nei primi mesi, in quanto abbiamo dovuto gestire urgenze e persone che non potevano andare altrove, anche per non aggravare la situazione nei pronto soccorso. Nei mesi successivi c’è stata una piccola ripresa dal punto di vista del numero di prestazioni fatte nei nostri studi fino a settembre, dopo di che c’è stata una piccola stagnazione che credo sia dovuta sia ad oggettivi motivi di natura economica sia a motivi di tipo psicologico, legati all’incertezza sul futuro da parte dei pazienti.
Sul piano organizzativo, invece, avendo applicato le procedure di sicurezza, si sono dilatati i tempi lavorativi rispetto a quelli che avevamo prima del febbraio 2020. Questo impatto sicuramente si affievolirà nei prossimi mesi, man mano che ci saranno sempre più soggetti vaccinati.