Enpam calcola la pensione sulla base del reddito sul quale l’iscritto ha versato i contributi. Sappiamo, infatti, che c’è un tetto di reddito al di sopra del quale non si versa l’aliquota vigente, ma solo l’1% (di cui una metà va in solidarietà e l’altra va sul proprio castelletto previdenziale).
Questo tetto era di 50 milioni di lire indicizzati (diventati 50.000€ circa nel 2012), dalla riforma è aumentato gradualmente fino a raggiungere gli odierni 100.000€ circa, sempre indicizzati. L’iscritto, ogni anno, invia all’Enpam il reddito che ha avuto l’anno precedente sul quale gli uffici calcolano il versamento che l’iscritto deve fare. Quel reddito, e quello di tutti gli anni in cui l’iscritto ha avuto un reddito, al momento del pensionamento viene rivalutato ai valori dell’anno del pensionamento, si sommano i reddiI rivalutati di tutti gli anni e la somma viene divisa per gli anni in cui si è avuto un reddito sottoposto a contribuzione alla Quota B.
La cifra così ottenuta è il reddito medio di tutta la vita lavorativa rivalutato e viene utilizzata come base per calcolare l’entità della pensione.
L’altro valore determinante è il rendimento: questo è stato dell’1,75% fino al 2012 e dal 2013 è dell’1,25%. Per ottenere la frazione su cui calcolare la pensione si sommano le frazioni ottenute moltiplicando gli anni in cui si aveva il rendimento dell’1,75% a quelli con l’1,25%.
Facciamo l’esempio di un contribuente nato nel 1953, iscritto all’Enpam nel 1978 e che va in pensione di vecchiaia a 68 anni nel 2021: ha versato alla quota B dal 1990 (prima non esisteva!) al 2021; quindi per 22 anni (dal 1990 al 2011) i suoi versamenti hanno avuto un rendimento dell’1,75%, e per 10 anni (dal 2012 al 2021) del 1,25%, allora 22X1,75%=38,5% 10X1,25%=12,5%. La somma dei due risultati (38,5%+12,5%) 50% moltiplicato per il reddito medio di tutta la vita lavorativa, darà la pensione annua dell’iscritto.
Questo iscritto se avesse avuto un reddito medio di 50.000€ avrebbe diritto ad una pensione lorda annuale di 25.000€ (50.000X50%). Un ulteriore parametro che non è possibile stabilire in anticipo è l’aspettativa di vita che l’ISTAT prevede per quell’anno.
Se quell’iscritto ritenesse non sufficiente quella pensione, potrebbe fare dei riscatti. Questi possono essere di due tipi: riscatti che aumentano gli anni di contribuzione (riscatto degli anni di laurea e di specializzazione o degli anni in cui ha avuto reddito, ma non ha potuto versare perché non c’era la quota B, riscatto del periodo precontributivo) e riscatti che aumentano il reddito medio.
Nel primo caso, gli anni da moltiplicare per 1,75% non sarebbero più 22, ma 31 con il riscatto degli anni di laurea e specializzazione o 41 riscattando i precedenti più il periodo precontributivo. Si otterrebbe una frazione del reddito medio non più del 38%, ma, rispettivamente, del 54,25% o del 71,75% entrambi da sommare al 12,5% degli ultimi 10 anni.
Si otterrebbe, in questi casi, una pensione, rispettivamente di 33.375€ e di 42.000€. Il riscatto che aumenta il reddito medio, cioè il riscatto di allineamento, consiste nell’allineare il reddito medio a quello più alto degli ulti 3 anni di lavoro.
Ogni iscritto dovrebbe valutare, sulla base delle proprie aspettative, qual è la pensione che si attende e, quindi, costruirsela su queste basi.
Si deve tener presente che:
– tutti i versamenti fatti all’Enpam sono completamente deducibili dal reddito (quindi vengono a costare dal 40 al 50% circa in meno a secondo del reddito);
– la pensione è reversibile al coniuge al 70%, se si ha un figlio minorenne o che studia fino a 27 anni, all’80% se si hanno 2 o più figli, al 100% – è reversibile al 100% al figlio che dovesse essere inabile assoluto e permanente al lavoro.