On. Ministro, l’odontoiatria italiana è riconosciuta essere la migliore al mondo, con gli oltre 60.000 studi diffusi sul territorio, che costituiscono una risorsa concreta di assistenza medica e odontoiatrica per i cittadini. Questo anche se le dinamiche politiche ministeriali non sembrerebbero considerare a pieno l’importanza che i dentisti italiani hanno avuto nel miglioramento della salute, in generale, e di quella orale, in particolare, della popolazione italiana, portandola ai vertici qualitativi mondiali. Quasi come se l’odontoiatria fosse considerata distante dal SSN e a un rango secondario rispetto al ruolo che dovrebbe ricoprire.
Nel corso del Suo mandato ministeriale, ritiene che siano dunque maturi i tempi per la creazione di un rapporto più stretto rispetto a quello finora esistente fra il Ministero della Salute e i dentisti. Una relazione che porti a occuparsi in modo coerente delle necessità di salute della popolazione, delle esigenze della professione e dell’intero comparto che gravita intorno all’odontoiatria italiana?
Il rapporto con il mondo odontoiatrico non è mai stato così stretto come negli ultimi tempi; riteniamo infatti essenziale il dialogo con le rappresentanze istituzionali, scientifiche e professionali del mondo odontoiatrico, al fine di realizzare concretamente quella visione inclusiva di sanità pubblica che è alla base del mio lavoro. Per far ciò non si può prescindere dalla considerazione delle tematiche relative alla professione odontoiatrica e dal contributo che i dentisti e l’intero comparto delle professionalità che contribuiscono all’erogazione di prestazioni preventive e curative possono portare alla salute e all’educazione sanitaria dei nostri cittadini. Ho pertanto confermato il Gruppo tecnico sull’odontoiatria (GTO), che rappresenta e riunisce tutte le realtà più importanti del settore e nominato nel Consiglio Superiore di Sanità un professore universitario di malattie odontostomatologiche.
Ritiene che il sistema della sanità integrativa o assicurata possa realmente rappresentare una soluzione al problema dell’accesso e della sostenibilità delle cure odontoiatriche per la popolazione? Cosa pensa di tutti i condizionamenti sulla libera scelta del dentista curante da parte dei pazienti associati a un fondo o a una assicurazione, nonché dei vincoli normativi ed economici che subiscono i dentisti da parte dei provider delle reti di sanità integrativa? Ritiene utile la rilettura dell’attuale quadro normativo della sanità integrativa e la creazione di una autorità di vigilanza?
Il ruolo della sanità integrativa è al momento fissato dalle previsioni del D.lgs. 502 del 1992 che ne limita l’intervento a prestazioni non previste come a carico del SSN, che sono fissate dal DPCM di aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza e dirette alla realizzazione di programmi di tutela della salute odontoiatrica nell’età evolutiva, nonché assistenza odontoiatrica e protesica a determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità.
Si tratta di una regolamentazione che, pur costituendo ancora oggi un apprezzabile strumento nato dal meritorio sforzo del legislatore di ampliare le prestazioni erogate ai cittadini, certamente necessita di una rivalutazione, nel quadro della manutenzione alla quale il nostro Servizio Sanitario Nazionale deve essere sottoposto per adeguarsi alle rinnovate esigenze, per poter continuare a garantire, in attuazione del principio fondamentale di tutela della salute cui all’art. 32 della Costituzione, l’universalità e la sostenibilità che ne hanno sin qui fatto uno dei migliori al mondo.
Questa revisione coinvolgerà anche i rapporti tra Fondi e dentisti curanti, che attualmente sono strutturati in modo che i Fondi, nell’ambito della loro autonomia imprenditoriale, possono veicolare la scelta degli assistiti in merito alle strutture erogatrici.
Lei, On. Ministro, forte del bagaglio culturale ed esperienziale di una Laurea in Medicina e Chirurgia, ritiene coerente che un soggetto giuridico non soggetto a qualsiasi vincolo ordinistico sia per legge di Stato autorizzato all’esercizio della odontoiatria? Quali tutele possono essere garantite per i cittadini, i dentisti e i lavoratori, in strutture non controllabili se non saltuariamente? Riterrebbe utile un intervento per la formazione, con maggiori responsabilizzazioni e autonomie per i direttori sanitari di strutture odontoiatriche?
Non si può dire che la normativa vigente non tenga conto dell’esigenza di tutelare i cittadini in merito alla competenza dei professionisti operanti nel settore odontoiatrico, anche quando le prestazioni sono erogate in forma societaria. Resta fondamentale, anche in questo caso il ruolo degli Ordini professionali, tanto che la normativa recente prevede che le società tra professionisti siano iscritte in una sezione speciale dell’albo tenuto presso l’ordine professionale di appartenenza e che ciascun professionista ad esse aderenti, sia tenuto singolarmente all’iscrizione all’albo professionale, restando così soggetto a procedimento disciplinare. Nella stessa direzione va la recente normativa del 2017 (L. 124/17) che prescrive, ove il direttore sanitario di una struttura polispecialistica presso la quale si effettui attività odontoiatriche non sia in possesso dei richiesti per l’esercizio dell’attività odontoiatrica, venga nominato un direttore sanitario responsabile per i servizi odontoiatrici in possesso degli stessi. Questa regolamentazione appare tutelante ma, certamente, trattandosi di norme recenti e in fase di prima applicazione, si rende necessario il suo monitoraggio, unico modo per comprendere se sia sufficiente ad evitare qualsiasi forma di rischio per i pazienti, e massima è la mia attenzione a questi aspetti così imporanti per i cittadini pazienti. In tale ambito potranno essere valutati anche interventi formativi specifici per i direttori sanitarii.