La Toscana è stata la prima regione italiana a comprendere gli Odontoiatri e il personale di studio nella fase 1 del piano vaccinale, anche se, a causa del taglio agli approvvigionamenti Pfizer, ha dovuto rinviare l’effettivo inizio delle somministrazioni. Ora la situazione è in rapida evoluzione, come confermato dal Presidente regionale ANDI, Stefano Mirenghi.
Dottor Mirenghi, un suo commento sullo scenario dei vaccini nella vostra Regione per il settore odontoiatrico.
La Regione Toscana, a dicembre, è stata la prima ad aver inserito gli Odontoiatri nella prima fase delle vaccinazioni, compreso tutto il personale dello studio: di conseguenza è partita rapidamente la campagna di preadesione e dal giorno 11 febbraio sono iniziate le vaccinazioni. A causa della mancanza di dosi c’è stato sicuramente un ritardo rispetto alla programmazione iniziale, cosa di cui eravamo stati comunque avvertiti dall’Assessore Regionale alla Sanità. Per quanto riguarda la prenotazione, la Regione ha predisposto un portale internet su cui ogni Odontoiatra, compresi gli assistenti, può prenotare direttamente sede, giorno ed ora in cui andare ad affrontare sia prima che seconda dose di vaccinazione.
Un suo commento sulle misure di sicurezza e sui protocolli all’interno degli studi odontoiatrici. Come odontoiatra privato cosa proporrebbe? Quali modifiche attuerebbe?
I protocolli che sono stati emanati sono estremamente validi e hanno dato risultati certi, in quanto, dai dati in nostro possesso, si sono contagiati pochi colleghi e di questi la maggior parte ha contratto il virus all’interno del proprio nucleo familiare e non all’interno dello studio odontoiatrico. Noi Odontoiatri, rispetto ad altre categorie, avevamo già predisposto i nostri studi ad uno standard di protezione molto alto, per via del rischio di altre patologie preesistenti al Coronavirus. Oggi abbiamo ulteriormente aumentato il livello di sicurezza e migliorato gli ambienti degli studi, sanificando e mantenendo il distanziamento, a conferma del fatto che questi protocolli siano indubbiamente adeguati.
In che modo la pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto sulla capacità di fornire assistenza?
Da un punto di vista economico l’impatto c’è stato sin dai primi mesi della pandemia, sia per la limitazione della nostra attività alle sole urgenze nei mesi del lockdown che per i costi iniziali dei DPI allora quasi proibitivi; c’è stato un periodo in cui ad esempio le mascherine FFP2 costavano oltre 7 euro, mentre adesso si trovano a 70 centesimi. Il rispetto dei protocolli ci porta inoltre a ridurre l’attività lavorativa nell’arco della giornata, in quanto riusciamo a gestire circa 7 pazienti nel tempo in cui prima ne gestivamo 10. A causa del periodo di grande insicurezza economica, poi, alcuni pazienti rimandano i grossi lavori, chiedendo attualmente solo le prestazioni più semplici. In generale abbiamo avuto un calo economico valutabile intorno al 25%.