Cosa ci fanno 12 odontoiatri, 1 igienista e 1 odontotecnico per 59 giorni in Ladakh?
Sembra l’incipit di una storiella divertente e invece è il resoconto in cifre delle tre missioni di cooperazione internazionale che anche quest’anno la nostra Fondazione ha realizzato nei mesi di luglio e agosto nel remoto altopiano al confine tra Cina e Pakistan.
Il primo a partire con altri 4 volontari – la veterana Barbara Pianini e tre giovani colleghi alla prima esperienza, Guido De Felice, Virginia Masiello e Maria Elena Naimoli – è stato il responsabile del progetto, Enrico Carlino. “Anche quest’anno alla nostra missione in Ladakh non sono mancati la giusta combinazione di avventura, impegno e soddisfazioni. Muoversi in quei territori rappresenta sempre una sfida da non sottovalutare per i nostri volontari a causa di altitudine, distanze e condizioni di strade e trasporti. Quest’anno questi aspetti sono stati aggravati dai disordini verificatisi a inizio agosto in Kashmir, quando l’India ha deciso in maniera unilaterale di revocare lo “status speciale” della regione himalayana dando origine a tensioni e proteste. Ciò ha reso necessario prendere contatti con la nostra ambasciata a Nuova Delhi allertandola sulla presenza dei volontari e riprogrammare gli itinerari di viaggio per evitare il passaggio da Srinagar, capitale estiva dello stato e centro dei disordini. Fortunatamente l’isolamento geografico del Ladakh ha preservato da eventuali pericoli i colleghi che però sono si sono trovati in grandi difficoltà nel dare o ricevere notizie dall’esterno ma ciò non ha impedito loro di proseguire nell’impegno di curare la popolazione e di diffondere la cultura della prevenzione. E per questo ringrazio tutti: chi ha lavorato nella clinica e nelle piccole scuole dei villaggi consentendoci di curare anche 100 bambini in un giorno, chi ha proseguito nel raccogliere dati epidemiologici sulla popolazione locale, chi ha collaborato con insegnanti e personale locale per educare alle corrette prassi igieniche, chi da casa ha sostenuto e favorito il lavoro di tutta la squadra. Sono poi particolarmente contento che quest’anno si siano uniti al progetto anche diversi giovani colleghi animati dalla passione per il volontariato e dalla voglia di scoprire realtà diverse.”
Tra i colleghi, partiti nella prima missione di luglio, c’è infatti Virginia Masiello, giovane odontoiatra di Brindisi con il pallino del volontariato che con la nostra Fondazione ha trovato l’occasione per partire. “Da tempo stavo pensando di dedicare il mio tempo e la mia professionalità al servizio degli altri senza però essere ancora arrivata a concretizzare questa idea nell’adesione a un progetto. Quando ho ricevuto la comunicazione che Fondazione ANDI stava cercando dei volontari mi sono detta che quella poteva essere la mia occasione. E così mi sono proposta, da lì i primi contatti e poi la partenza per quella che si è rivelata un’esperienza forte e bellissima, a contatto con una cultura davvero straordinaria”.
Cresciuto negli anni fino a coinvolgere i diversi aspetti della nostra professione, dalla cura alla prevenzione, quest’anno il Progetto Ladakh ha avuto come fulcro la raccolta dei dati epidemiologici grazie, in particolare, all’impegno di Ezio Calzavara e del suo gruppo, partito numeroso a fine luglio per dare il cambio al primo. “Durante le missioni dell’estate appena conclusa siamo riusciti a completare la raccolta dei dati compilando oltre 1.500 (circa 500 nella prima missione e 1000 nella seconda) schede e, allo stesso tempo, a lavorare con giovani e insegnanti per far comprendere loro l’importanza di corrette prassi igieniche e alimentari per scongiurare l’insorgere di patologie infettive e del cavo orale, preservando così la buona salute generale e della bocca”. Insieme a Calzavara c’erano tre odontoiatri, Davide Augello, Giorgia Polla e Massimo Gagliardi, l’igienista Lia Buono e l’odontotecnico Ovidio Berlusconi. Proprio questi ultimi due rappresentano una positiva novità per le nostre missioni. “Non avevo mai pensato di poter fare volontariato attraverso la mia professione, – dice Lia Buono. – È stata un’esperienza davvero unica che mi ha spesso messo alla prova perché lavorare là è molto diverso. Pur avendo a disposizione un ambulatorio ben attrezzato a volte si è reso necessario improvvisare e questo, una volta ottenuto un buon risultato, può essere molto gratificante. Come lo è accorgersi della profonda gratitudine che le persone e i bambini che stai aiutando provano”. È dello stesso avviso Ovidio Berlusconi che, già partito diverse volte per l’Africa in altre missioni di volontariato, ha riscontrato in questa sua esperienza una reale necessità da parte della popolazione di un aiuto concreto come quello che la Fondazione può offrire con i suoi operatori e la necessità di formare personale locale anche nella realizzazione delle protesi più semplici.
A emozionarsi ancora al ricordo del Ladakh è Agnese Robustelli, collega alla sua prima esperienza con Fondazione partita con la terza spedizione in pieno agosto. “Favoloso! Abbiamo lavorato tantissimo ma la fatica più grande per me è stata quella di tornare perché in quei luoghi ci si riconcilia con ritmi di vita e rapporti più semplici e umani. Ho visto bocche davvero devastate che nulla, o poco, hanno a che vedere con la maggior parte dei casi che si presentano nei nostri studi cittadini. Nonostante questo, lì le persone avevano comunque un atteggiamento positivo e aperto e una profonda gratitudine che viene dal cuore.”