Spesso i giornalisti titolisti dei quotidiani, utilizzano titoli provocatori per attrarre il pubblico alla lettura dell’articolo cui il titolo fa riferimento.
Non è questo il caso (tra l’altro l’uso di questa frase, tanto cara a Totò, viene considerata da un pronunciamento della Cassazione, alla stregua di minaccia, un reato), ma è utile per sviluppare un ragionamento su taluni atteggiamenti, financo autoreferenziali, che a volte danneggiano la Professione.
Primo elemento. Pochi giorni orsono, SISAC (Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati) attribuiva al primo gennaio 2017, 24.750 deleghe sindacali alla FIMMG contro i 25.445 iscritti certificati di ANDI al 31 dicembre dello stesso anno che, pur tenendo conto delle discrasie temporali dei rilevamenti, costituisce in questo modo, il più numeroso sindacato in ambito sanitario in Italia e certamente tra i più importanti in Europa.
Un risultato formidabile, certamente attribuibile all’impegno dei Consigli Provinciali dell’Associazione, ma soprattutto, ed è innegabile, alla politica ed ai servizi interpretati dall’Esecutivo Nazionale.
Secondo elemento. Giovedì 22 marzo circola notizia che Confprofessioni torni a far parte del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).
Ad oggi sembra che manchi solo la firma del Presidente della Repubblica al Decreto, ma già da giorni il Presidente Treu ha confermato la notizia. Doverosa è comunque la cautela.
Si ricorda che l’abolizione del CNEL era uno degli obiettivi del referendum, poi bocciato, tenutosi il 4 dicembre scorso.
Se il CNEL deve esistere, allora è giusto che ve ne faccia parte, dopo un tortuoso percorso di avvicinamento, anche Confprofessioni, cui aderiscono venti associazioni di categoria tra cui ANDI e che vede impegnati alcuni dei suoi uomini di vertice in posti chiave.
In sostanza se con la firma del CCNL Confprofessioni è a tutti gli effetti parte sociale, l’inserimento nel CNEL la legittima ulteriormente, ponendola sullo stesso piano formale, almeno in quel contesto, di Confindustria, Confcommercio, Confartigianato ecc.
E si tenga conto che le Libere Professioni esprimono il 12,5 del PIL e danno lavoro a milioni di lavoratori in gran parte di genere femminile.
Terzo elemento. Elezioni politiche del 4 marzo scorso. Calano i rappresentanti dei professionisti eletti in Parlamento, passando da 122 a 107. Ancora supremazia degli avvocati, comunque in diminuzione. Soltanto quattro i dentisti eletti, tre alla Camera, uno al Senato. Tutto qui!
Si sono voluti citare questi tre elementi, i primi due positivi in termini di rappresentatività, il terzo, molto meno, soprattutto per l’ambito odontoiatrico, per sottolineare, in un periodo storico caratterizzato dalla “disintermediazione dei corpi intermedi” con un ridimensionamento delle cosiddette “èlite”, che proporre ed imporre le proprie istanze alla politica non è per niente facile.
Ragioni numeriche. Si ricorda il datato aneddoto che seppur tanti, gli iscritti ANDI rappresentano la capienza della curva nord dello stadio di San Siro.
Ben diversa è la situazione CGIL che secondo i dati forniti da CONFSAL conta 5.748.000 iscritti, contro i 4.542.000 di CISL e i 2.181.000 di UIL.
La traduzione politica è che, dovendo assumere un provvedimento, per esempio fiscale, certamente l’atteggiamento del politico sarà maggiormente orientato ai bisogni di quella massa, anche se, quando si è chiesto una maggiore detrazione fiscale per le cure odontoiatriche, si voleva sostenere proprio quelle istanze.
Ragioni di “rappresentanza contenutistiche”. In occasione di incontri attinenti le parti datoriali presso il Ministero del Lavoro, non infrequenti gli atteggiamenti di insofferenza nei confronti dei rappresentanti dei Professionisti.
Ma davvero si può pensare che Notai, Avvocati, Dentisti, possano suscitare entusiastico gradimento tra la gente, magari alle prese con difficoltà economiche, piuttosto che suscitare simpatie tra i politici?
Ma davvero si pensa che il nostro peso, numerico e politico, possa impensierire Confindustria (ed in questa situazione va contestualizzato anche il Decreto sulla Concorrenza).
E la leva delle ritorsioni? Chiudere per protesta i nostri studi, così come se lo facessero i notai, che danno relativo porterebbe alla popolazione, salvo probabilmente favorire pratiche illecite.
Ben altro peso i disagi provocati dallo sciopero dei medici ospedalieri o dai medici di medicina generale.
Queste riflessioni non vogliono sostanziare un atteggiamento rinunciatario rispetto alla politica, alle istituzioni, ma anzi, partendo dalla consapevolezza che il “lei non sa chi sono io…” per noi Liberi Professionisti, Dentisti in particolare, non funziona, che le conoscenze personali lasciano il tempo che trovano, devono continuare a spronarci nell’individuare una sottile ed intelligente politica relazionale, l’unica che può concretamente aiutarci.
Roberto Callioni
Responsabile Servizio Studi ANDI