Marco Landi, presidente del Consiglio Europeo Dentisti, riflette sulla risposta dell’odontoiatria a fronte della pandemia, e indaga l’importanza prioritaria della salute orale.
La pandemia di COVID-19 continua a provocare una situazione drammatica in campo sociale ed economico, e sta continuando ad avere gravi conseguenze nell’erogazione dei servizi sanitari in generale, compresi quelli odontoiatrici. Durante le prime fasi della crisi sanitaria globale, la possibilità di ricevere cure odontoiatriche in Europa si è contratta in maniera vistosa. Governi nazionali ed enti internazionali hanno raccomandato ai dentisti di posticipare tutti i trattamenti elettivi e di intervenire solo sulle urgenze, da un lato per limitare la diffusione del contagio e dall’altro per evitare un ulteriore sovraccarico ospedaliero da parte dei pazienti odontoiatrici. Questo approccio, oltre ad alimentare nei pazienti la paura di contrarre il virus nell’ambito odontoiatrico, ha apparentemente rinforzato anche la percezione della salute orale come un lusso piuttosto che una necessità.
Importanza e Promozione della salute orale
L’abitudine a sottovalutare l’importanza della salute orale sfortunatamente precede l’era COVID-19, nonostante le patologie dell’apparato bucco-dentale siano molto frequenti a livello globale. Nel Global Burden of Disease Study, pubblicato nel 2017 e considerato essere il punto d’arrivo per quanto riguarda l’indicizzazione delle cause di mortalità e disabilità, si riporta come le malattie odontoiatriche riguardino 3.5 miliardi di persone; il primato di questa lista nera riguarda l’incidenza della carie in denti permanenti.
Tuttavia, solo nel 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso la salute orale all’interno della Political Declaration on Universal Health Coverage; e solo all’inizio dello scorso decennio, nel 2008, le Nazioni Unite hanno riconosciuto come le malattie dentali impongano un tributo pesante al benessere di molte popolazioni (UN High-Level Meeting on Noncommunicable Diseases).
Le diseguaglianze al tempo del COVID-19
La prevalenza delle malattie del cavo orale, che condividono dei cofattori con le altre principali patologie non trasmissibili, continua a salire in tutta Europa. Tra questi cofattori dobbiamo ricordare l’abuso di tabacco e alcol, il massiccio consumo di zuccheri, e altri determinanti legati allo stile di vita, soprattutto per quanto riguarda le classi più fragili ed esposte sotto il profilo socioeconomico, per le quali è sempre più ridotto l’accesso alle cure odontoiatriche. Se a queste problematiche non si risponde subito in modi incisivi, non andrà a soffrirne solo la salute orale, ma in generale la salute pubblica di tutti i cittadini delle nazioni europee.
Molti di questi fattori di rischio sono stati aggravati dalla pandemia. La crisi che sta vivendo in questi mesi la salute pubblica sta infatti ulteriormente ampliando il divario nella capacità di accesso alle cure odontoiatriche. Ma le ragioni di ciò sono molteplici, a partire da stanziamenti inadeguati per l’odontoiatria all’interno dei budget per la salute pubblica nazionale, dall’assenza di adeguate campagne di prevenzione su obiettivi generali e specifici, per finire con la mancanza di contesti politici e legislativi atti a promuovere e difendere uno stile di vita sano. Inoltre, c’è una incapacità generalizzata nel dare priorità alle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione che già, di base, hanno difficoltà di accesso alle cure preventive e ai check up odontoiatrici che sono anche indispensabili per la diagnosi precoce di gravi patologie quali tumore del cavo orale, diabete, linfomi e disturbi dell’apparato cardiovascolare. Non è un caso, dunque, che gli stessi gruppi di popolazione che hanno una limitata capacità di accesso alle cure, sia generali che odontoiatriche, siano tra quelli maggiormente a rischio COVID-19.
Sicurezza dell’odontoiatria durante la pandemia
All’inizio della pandemia, i dentisti sono stati considerati comunemente tra i soggetti a più alto rischio di contrarre il COVID-19 in ambito occupazionale, a causa della potenziale esposizione diretta e indiretta ad infettanti. Tuttavia, da più di mezzo secolo i dentisti hanno imparato a sviluppare protocolli rigorosi per ridurre le possibilità di contagio, e hanno saputo mantenere una vigilanza costante. Abbiamo una crescente evidenza scientifica che conferma come lo studio odontoiatrico costituisca un luogo sicuro e protetto, tanto per l’odontoiatra e per il suo team quanto per i pazienti, anche nel corso di questa pandemia. La sicurezza dell’ambiente di lavoro è assicurata dall’impiego di adeguati dispositivi di sicurezza e dall’adozione di protocolli specifici, a beneficio del personale dello studio e del paziente.
Nella maggioranza dei paesi europei, i dentisti hanno riaperto alla normale pratica a partire dalla primavera e dall’inizio dell’estate 2020, con un costante aggiornamento delle raccomandazioni e delle linee guida sulle misure di sicurezza osservare. Enti e istituzioni a livello nazionale, comunitario e internazionale hanno pubblicato numerose indicazioni a riguardo; tuttavia, queste a volte sono entrate in contraddizione tra loro, o non sono state correttamente interpretate. Nel Novembre 2020, il CED ha pubblicato il proprio statement sulla sicurezza dell’odontoiatria e l’importanza della formazione odontoiatrica di base in era COVID-19, all’interno del quale viene ulteriormente sottolineata l’importanza della continuità delle cure odontoiatriche nonostante la progressione e la persistenza della pandemia.
Il COVID-19 come una opportunità di ripensare l’odontoiatria
Il COVID-19 ci presenta una grande opportunità: quella di ripensare il futuro dell’odontoiatria affrontando i nuovi problemi che nascono da questa crisi, piuttosto che ritornare semplicemente al passato.
Le circostanze attuali ci offrono l’opportunità di riorientare le nostre attenzioni verso una pratica odontoiatrica meno invasiva e più preventiva: uno sforzo mirato ad affrontare i fattori di rischio comuni alle patologie orali e a molte altre malattie non trasmissibili, oltre a promuovere un approccio non chirurgico al trattamento della carie, come proposto dal CED nel suo White Paper on Prevention. La proposta è quella di spostare il paradigma odontoiatrico dalla cura alla prevenzione promuovendo, oltre che una maggiore capacità di accesso alle visite odontoiatriche, la riduzione dei fattori di rischio e l’adattamento ad uno stile di vita più sano nei diversi gruppi sociali. Questi obiettivi offrono una nuova possibilità di ampliare l’accesso alle cure di odontoiatria preventiva e restaurativa, a beneficio in prima istanza dei soggetti più vulnerabili; tuttavia, per raggiungere il loro scopo, devono essere integrati da significativi cambiamenti nelle politiche sanitarie, da interventi sulla sostenibilità dei costi e dei relativi pagamenti, e dai necessari adeguamenti dei processi di formazione per i professionisti.
La salute nel contesto europeo
Considerando questa necessità di cambiamento generale, il CED ha salutato con entusiasmo quello che sembra configurarsi come un cambio di passo per le politiche della salute nell’Unione Europea, con una maggiore importanza data alla salute all’interno dei lavori della Commissione, con l’approvazione dell’ambizioso programma EU4Health, supportato da un piano finanziamento pluriennale. L’iniziativa propone sostanzialmente di potenziare i sistemi sanitari nazionali per renderli più responsivi nell’affrontare epidemia ed emergenze sanitarie, ma allo stesso tempo in grado di affrontare sfide più di lungo periodo, quali la promozione di pratiche preventive, la digitalizzazione dei sistemi sanitari, la facilitazione dell’accesso alle cure per le categorie più vulnerabili. Le priorità individuate dalla Commissaria europea per la Salute quanto riguarda le problematiche più pressanti in campo medico, quali la lotta ai tumori, la riduzione dell’antibiotico-resistenza e il miglioramento delle percentuali di vaccinazioni, sono delle pietre miliari fondamentali nella costruzione di un sistema sanitario forte e flessibile, in grado di abbracciare tutto il contesto europeo.
Marco Landi
Presidente CED