Da sempre la figura del dentista è stata circondata da autorevolezza e rispetto alla stessa stregua di altre personalità quali, soprattutto nei piccoli centri, il Sindaco, il Comandante dei Carabinieri, il Medico condotto ed il Parroco.
Secondo i preconcetti sociologici, queste figure non solo erano dotate di un carisma quasi di natura sovrannaturale per le loro capacità di saggezza, ma godevano del rispetto della popolazione riservato a coloro che sono individuate come figure chiave della società. Erano circondate da un alone che rendeva i loro consigli e le loro decisioni tali da non poter essere contraddette. In quest’ottica l’alleanza terapeutica non esisteva, la scelta della terapia era di esclusiva pertinenza del dentista. Erano sconosciuti il consenso informato e la partecipazione alla scelta della terapia. Il paziente si recava dal dentista con uno spirito fatalista ed era pronto a sottoporsi a qualunque terapia senza obiettare la natura sovrannaturale della decisione, il cui costo indubbiamente dipendeva solo dalle scelte del dentista.
Con gli sviluppi economici del dopoguerra e con la riforma sanitaria del 1978 assistiamo al primo cambiamento dei rapporti medico-paziente. Il paziente esige di essere informato e pretende il diritto di scelta sui piani terapeutici. Verso la fine del secolo scorso assistiamo al cambiamento drastico e repentino del modo in cui i pazienti percepiscono le parcelle dei dentisti: da una retribuzione basata sull’esperienza del dentista si passa ad una percezione della parcella come una retribuzione commerciale di un servizio o di un prodotto reso dal dentista al paziente.
L’ingresso della medicina capitalista nella società italiana cambia la visione del soggetto che non si sente più paziente in quanto beneficiario finale delle conoscenze mediche, ma paziente-consumatore dei servizi sanitari, pretendendo, quindi, che le cure dentistiche siano equiparate alla fornitura di un prodotto. Alla giusta richiesta di essere informato e di essere l’ultimo giudice nella scelta della terapia cui essere sottoposto, il paziente-consumatore non accetta più il fatto che le cure siano a garanzia di mezzo e non di risultato, ma inizia ad esigere la garanzia di guarigione.
Assistiamo perciò ad una progressiva perdita di autorevolezza da parte della figura sovrumana del dentista che si mette sullo stesso piano del paziente, presenta la propria professione come al servizio del paziente, lo guida verso la scelta terapeutica che il dentista reputa migliore per lui, quella necessaria, oltre che eticamente corretta.
Come è evoluto, quindi, il profilo di paziente?
I pazienti di oggi hanno un fabbisogno informativo superiore rispetto a quelli del passato. La domanda si evolve verso la necessità di costruire una rete di relazioni anche più informali tra paziente e operatore, per dare l’idea che anche le informazioni sanitarie autorevoli possono essere facilmente fruibili.
Il “contratto terapeutico” deve essere realizzato in maniera realmente comprensibile per il paziente, affinché questi si senta partecipe del programma di trattamento, deve farsi largo una nuova logica, il paziente vuole e deve essere davvero al centro della considerazione del curante e discutere con lui delle varie possibilità terapeutiche ed economiche disponibili.
Il paziente di oggi pretende che l’odontoiatra in veste di operatore sanitario, comprenda i suoi bisogni, che non sono solo alleviare il dolore, curare la carie, inserire un impianto: il paziente ha bisogno di un rapporto umano che può nascere solo da un approccio etico alla professione, da un comportamento corretto ed accogliente. La “capacità di accogliere”, sulla quale, seppur spesso solo con operazioni di facciata, i grandi gruppi finanziari ed economici hanno giustamente investito molto in questi anni, intuendo che la gestione del momento dell’accoglienza è una fase critica e allo stesso tempo condizionante tutta la gestione della relazione con il paziente, è quella che viene chiamata qualità percepita, che nulla ha a che vedere con la qualità della prestazione, ma che può orientare il paziente nella scelta del curante.
L’assistenza odontoiatrica attuale purtroppo è spesso lontana dalle esigenze e dalle reali possibilità del paziente, infatti, il divario creatosi tra paziente e clinico è cresciuto enormemente lasciando libero spazio alle logiche di mercato che senza troppi scrupoli commerciano salute, minacciando la dignità degli operatori e la salute stessa del paziente.
Un altro cambiamento al quale siamo chiamati, sempre verso il paziente, riguarda la capacità di ampliare il numero e la qualità sia di servizi primari, cioè quelli legati direttamente alla cura, che secondari, quelli legati alla gestione, comunicazione, ecc. Infatti, anche se noi tradizionalmente siamo ancora legati ad un certo modo di vivere la professione, i nostri pazienti vivono oggi in una realtà “molto contaminata”, capace di proporre soluzioni e servizi alternativi, attraverso offerte complesse, all’interno delle quali addirittura può risultare vincente, per orientare la scelta di un paziente, l’offerta dei cosiddetti “servizi accessori” piuttosto che la forma e la “sicurezza” nell’erogazione delle terapie vere e proprie.
Le nuove tecnologie creano da un lato una domanda sempre più esigente e dall’altro la necessità di essere professionisti con competenze trasversali, quindi non solo mediche ma anche di tipo tecnologico per rispondere alle nuove esigenze dei cittadini-pazienti più evoluti.
Il profilo del paziente attuale, potrebbe essere definito come «Paziente 2.0».
I sistemi sanitari di tutto il mondo sono destinati progressivamente ad interfacciarsi con questo nuovo profilo. Il «Paziente 2.0» è più esigente e si aspetta un’esperienza di cura come quella che ha letto sul web. Il medico quindi si trova a dover migliorare i suoi servizi, anche digitali, per essere in linea con questo nuovo profilo di paziente.
Che gli italiani si affidino ai motori di ricerca per cercare informazioni e cure sulla salute, lo hanno affermato le più recenti ricerche. Da recenti studi si evince che il 36% degli utilizzatori di social network vuole conoscere le esperienze degli altri prima di fare delle scelte sulla propria salute. I pazienti 2.0 ritengono il web facile da consultare, utile e affidabile ma soprattutto più economico. L’uso sempre più continuo di pc, smartphone e tablet sta cambiando progressivamente la vita delle persone con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, di conseguenza è necessario cambiare anche le logiche di comunicazione tra operatori sanitari e cittadini-pazienti.
Le opportunità offerte dal web cambiano la visione dell’informazione che hanno i pazienti. Si è passati da un consumo passivo delle pagine web, alla generazione attiva di contenuti anche da parte degli stessi pazienti, che si confrontano tra di loro e si chiedono opinioni / pareri / ranking sugli studi medici.
Prerogativa dell’odontoiatra quindi non è solo stare al passo con i tempi sul piano delle tecnologie, degli ultimi protocolli terapeutici, ma anche ricostituire quella fiducia smarrita con il paziente, renderlo soggetto attivo della terapia, ricordando però che approccio etico non vuol dire soltanto bilanciare gli aspetti economici con quanto viene proposto, ma anche commisurare le finalità terapeutiche con quanto viene richiesto dal paziente o quello che riteniamo per lui migliore.
Se questa fase non viene ben gestita si introducono elementi negativi che possono costringerci a rincorrere con affanno il paziente.