Solo nel nostro Paese dall’inizio dell’anno sono stati commessi oltre 100 femminicidi, un bollettino delle vittime che le pagine di cronaca sono purtroppo costrette ad aggiornare con drammatica frequenza. Una strage che è il culmine più efferato di una violenza, spesso subdola, che non arriva al clamore dei media ma che si consuma di giorno in giorno all’interno di famiglie, coppie, luoghi di lavoro.
Per portare attenzione su questo fenomeno ingiusto e terribile e per promuovere azioni concrete presso cittadini e istituzioni, nel 1999 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Viene celebrata ogni anno il 25 novembre, data che ricorda un crudele fatto di sangue avvenuto nel 1960, l’omicidio delle tre sorelle Mirabal, attiviste dominicane per i diritti delle donne che furono deportate, violentate e infine uccise. In molti paesi, come l’Italia, il colore che identifica questa giornata è il rosso, scelto nel 2009 anche dall’artista messicana Eliana Chauvet per la sua installazione Zapatos Rojos, riprodotta poi in centinaia di piazze e luoghi pubblici con scarpe da donna scarlatte allineate a simboleggiare tutte le vittime di violenza e femminicidio. È per questo che in occasione della propria Assemblea Nazionale, che quest’anno cade proprio il 25 novembre, anche l’Enpam invita tutti i partecipanti, donne e uomini, a indossare qualcosa di rosso. Che siano scarpe, foulard, cravatte o un semplice nastrino, l’importante è comunicare il proprio rifiuto per la violenza di genere. Come la professione medica, in generale, anche quella odontoiatrica e la nostra Fondazione ANDI ETS, insieme a tutta ANDI, possono avere un ruolo in questa lotta. Le lesioni, anche piccolissime, ai denti possono infatti rivelarsi dei veri e propri campanelli d’allarme. La violenza nei confronti di una donna si può manifestare con diversi segni per i quali il dentista può essere una ‘sentinella’ importante. È per questo che nel 2015 è nato il progetto “Odontoiatri sentinelle contro la violenza su donne e minori”: per formare una rete di odontoiatri in grado di valutare precocemente i segnali di violenza o abusi nei confronti di donne, disabili e minori.
Come illustra Sabrina Santaniello: “Fondazione ANDI e ANDI, insieme al Gruppo di Lavoro Nazionale ANDI Politiche di Genere e Pari Opportunità, portano avanti da anni questo progetto in favore di donne e minori, per continuare a lavorare con forte impegno al contrasto di ogni forma di violenza partendo da due fondamentali esigenze: la formazione dei nostri operatori e la prevenzione rivolta ai pazienti e a tutta la comunità”.
Sull’utilità del progetto interviene anche Vanessa Galli: “La violenza su una donna è la privazione dei diritti e della libertà. Anche noi odontoiatri possiamo entrare in campo come sentinelle, attente e attive per cercare di restituire il sorriso a tante donne. Nel rapporto fiduciario che creiamo con le nostre pazienti, infatti, possiamo intercettare casi di maltrattamenti cogliendo segnali importanti come lesioni alla bocca e ai denti”.
Le donne sono spesso vittime di abusi da parte di partner e familiari e queste esperienze possono avere conseguenze durature. Per Simona Di Giacomo: “La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne. Comprende tutti gli atti di violenza di genere che determinano o sono suscettibili di provocare danno fisico, sessuale, psicologico, economico o comunque sofferenza alle donne. Comprende le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che in quella privata” (citazione estrapolata dalla Convenzione di Istabul articolo 3).
Il 25 novembre è un invito all’azione: è un richiamo per governi, organizzazioni, comunità e individui di tutto il mondo a riconoscere la gravità del problema e a impegnarsi per combatterlo. Questa lotta richiede un approccio che affronti sia le cause profonde della violenza di genere che le sue manifestazioni più immediate. Ad analizzare le origini del fenomeno Maria Bruna Fulgenzi: “La violenza nasce dalla miseria, ogni forma di violenza nasce dalla miseria. Miseria affettiva, sociale e culturale. La violenza sulle donne è vigliacca, pericolosissima; il femminicidio è lo stigma del fallimento sociale, un marchio a fuoco sulla società civile, un punto di arrivo senza più ritorno. Quando una donna viene uccisa per mano di un uomo, in quel momento cala il sipario sulla vita, sulla dignità e sul futuro di una intera comunità”.
Diffondere l’educazione sul rispetto reciproco, la consapevolezza dei diritti delle donne e la promozione di norme di genere positive è fondamentale per prevenire la violenza. “Gli abusi – dichiara Valentina Borgia – si esprimono in diverse sfaccettature, ma ultimamente siamo di fronte anche a episodi tragici di violenza fisica, individuale e di gruppo perpetrati da giovani e adolescenti. È necessario intervenire, parlarne trasversalmente e in più contesti. È improrogabile soprattutto educare, non solo giovani e bambini, al rispetto dell’essere umano e all’empatia”.
Ancora oggi le disuguaglianze di genere persistono in molte società in termini di accesso all’istruzione, alle opportunità economiche e al potere decisionale e contribuiscono a creare un ambiente in cui la violenza di genere può prosperare. Ne è convita anche Gabriella Ciabattini Cioni: “La violenza si manifesta anche discriminando le donne sul lavoro, non dando loro ruoli di leadership, non permettendo loro di fare carriera anche per quanto riguarda l’aspetto economico, non dando spazio alla possibilità di essere rappresentative in quegli ambiti dove i numeri delle donne sono la maggioranza. Il “soffitto di cristallo” che impedisce una totale parità tra uomini e donne pertanto non si rompe”.
La violenza di genere è un problema che non può essere ignorato o minimizzato. È un problema che richiede la collaborazione di tutti per essere debellato. Oltre a far sentire la propria voce il 25 novembre, occorre impegnarsi a lavorare ogni giorno per creare un mondo in cui le donne possano vivere libere dalla paura. Solo allora potremo davvero celebrare progressi significativi nella lotta contro la violenza di genere. Monica Puttini lancia così un appello: “Ogni volta che una donna lotta per sé stessa, lotta per tutte le donne. E allora facciamo sì che il grido di ogni singola sorella umiliata, violentata e uccisa per mano di uomini miseri e meschini diventi l’urlo di noi tutte indistintamente. Un urlo collettivo capace di lacerare le coscienze, anche quelle più alienate e squarciare così il pesante velo di indifferenza e ipocrisia che ancora copre la sorte delle troppe vittime di abusi”.
E che il 25 Novembre, quindi, non sia solo un anniversario ma un giorno di lotta e presa di coscienza. ANDI e Fondazione ANDI ETS ci sono, sempre.