I due anni di pandemia Covid hanno messo in ginocchio i dentisti italiani. “L’impatto sulla nostra attività è stato enorme, possiamo stimare una riduzione del 50% degli accessi negli studi. I motivi? La paura del contagio, il problema delle quarantene e anche, in molti casi, una riduzione delle spese sanitarie che hanno portato a rimandare il controllo o l’intervento”.
A fare il punto con l’Adnkronos Salute è Carlo Ghirlanda presidente ANDI, l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani. Solo nel 2020, un’analisi del centro studi ANDI stimava per il primo anno di pandemia un calo medio degli incassi pari al 24,6% e un calo del reddito pari al 25,7%.
“Tanti studi odontoiatrici stanno chiudendo e molti giovani che iniziano la professione, spesso da consulenti, perdono il lavoro”, denuncia Ghirlanda che avverte: “Se saltiamo noi, chi può dare assistenza odontoiatrica? Visto che il settore pubblico è quasi assente?”. Ma a pagare le conseguenze di questo impatto è la salute dei denti degli italiani: “chi sei mesi fa ha rimandato un controllo o un intervento per un problema oggi torna con una patologia nettamente peggiorata, per cui occorrerà più tempo e anche più spese”, osserva il presidente dell’ANDI, denunciando anche “una grande confusione sul Green pass e sulle quarantene: ad esempio – rimarca – un paziente che ha fatto tre dosi, magari anche la malattia, è costretto al confinamento a casa senza poter venire in studio. Sono regole che andrebbero riviste”.
Per superare questa situazione, i dentisti propongono alcuni interventi “visto che per noi, in due anni, non c’è stato nessun ristoro se non per tre mesi 1.000 euro al mese da parte del nostro ente previdenziale – ricorda Ghirlanda -. Poi abbiamo avuto qualche euro per i dispositivi di protezione ma da dicembre ci dobbiamo pagare anche l’IVA, c’è stata
sospesa l’IRAP 2020 e c’è stata la moratoria sulle spese ma è solo un rimandare. A noi serve una defiscalizzazione, una riforma seria e condivisa, mentre non siamo d’accordo sui bonus a pioggia”.
“Faccio un esempio, io in questi due anni ho lavorato meno, quindi speso meno, ma alla fine nella mia dichiarazione dei redditi ho pagato un sacco di soldi di tasse – sottolinea Ghirlanda -. Serve un vero intervento che possa vedere seduta al tavolo la rappresentanza sindacale della categoria. Ricordiamoci che siamo 60mila professionisti radicati
sul territorio e che ormai siamo visti come l’unica possibilità di cure dentali dai cittadini. La recente riforma della medicina ambulatoriale ha ridotto ancor di più la nostra presenza nelle Asl. Se – conclude – non ci saranno abbastanza specialisti sul territorio chi potrà curare i denti degli italiani?”.
Fonte: Adnkronos