La Corte di Cassazione, con due ordinanze emesse nel mese di luglio (n. 21646 del 7 luglio 2022 e n. 21960 del 12 luglio 2022), torna sulla questione delle presunzioni previste dall’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973 in tema dei poteri di rettifica e accertamento propri dell’Amministrazione Finanziaria. In particolare la Corte si focalizza sulle presunzioni legali relative ai versamenti e ai prelevamenti effettuati sui conti correnti dei professionisti.
In merito si ricorda come, per quanto riguarda i versamenti sul conto corrente l’onere della prova che essi non siano originati da operazioni imponibili ai fini delle imposte gravi sul contribuente. In altre parole qualsiasi versamento accreditato sul conto corrente del professionista viene automaticamente considerato imponibile a meno che lo stesso contribuente non fornisca prova contraria.
Per quanto invece riguarda i prelevamenti dal conto corrente la medesima presunzione non opera, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 6 ottobre 2014.
Le ordinanze in esame confermano tale impianto, che, quindi, di fatto rimane invariato. Tuttavia, vale la pena di soffermarsi sul contenuto dell’ordinanza n. 21960 del 12 luglio 2022, poiché afferente la fattispecie di esercizio abusivo dell’attività di odontoiatra.
In particolare, la sentenza appellata “considerava legittime nell’an e nel quantum le riprese nei confronti del contribuente, il quale negli anni di imposta oggetto di ripresa aveva abusivamente esercitato l’attività di odontoiatra senza averne titolo, sulla base delle risultanze di p.v.c. emerse nel quadro di indagini bancarie ex artt. 32 del DPR n. 600 del 1973 e 51 del DPR n. 633 del 1972 disposte sui conti a lui riconducibili”. Tra i sette motivi di ricorso il contribuente invoca proprio l’erronea conferma dell’integrale applicabilità della presunzione dall’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973, senza che si sia tenuto conto della citata pronuncia della Corte Costituzionale. Secondo i giudici, invece, tale motivo è infondato poiché “al contribuente è stato contestato l’esercizio abusivo dell’attività di odontoiatra, svolta non avendone titolo”. La Corte, infatti, rileva che in assenza di un titolo abilitativo all’esercizio della professione non può essere configurabile la produzione di un reddito professionale di lavoro autonomo.
Viene osservato quindi che:
- l’esercizio della libera professione viene regolato dalla legislazione nazionale, che “individua quale condizione per il suo esercizio nell’interesse dell’utenza sia il titolo di studio indispensabile sia i successivi requisiti di addestramento alla pratica della professione”;
- l’articolo 1 della legge 24 luglio 1985, n. 409 prevede che la professione sanitaria di odontoiatria sia “esercitata da coloro che sono in possesso del diploma di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e della relativa abilitazione all’esercizio professionale, conseguita a seguito del superamento di apposito esame di Stato, nonché, dai laureati in medicina e chirurgia che siano in possesso della relativa abilitazione all’esercizio professionale e di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico”.
Nel caso di specie, conseguentemente, secondo la Corte l’attività svolta dal contribuente deve essere considerata “illecita”, con l’applicazione del principio, fissato dal comma 4-bis dell’articolo 14 della legge n. 537 del 24 dicembre 1993, secondo cui “non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti”.
Da ciò i giudici concludono affermando il seguente principio di diritto:
“In tema di presunzione di imputazione a ricavi delle movimentazioni bancarie di cui all’art. 32 D.P.R. n. 600 del 1973 il contribuente che abbia esercitato attività di odontoiatra, professionalmente regolamentata dalla legge 24 luglio 1985, n. 409, abusivamente e senza possedere i titoli di cui all’art. l della citata legge, ha svolto attività illecita ai fini dell’art. 14 della L. 24 dicembre 1993 n. 357 percependo redditi rientranti nelle categorie reddituali di cui all’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, cui si applica la presunzione di cui all’art. 32 cit. sia quanto ai versamenti sia quanto ai prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari destinati all’esercizio di detta attività di impresa, ai fini della determinazione della base imponibile”.
In altre parole, quindi, nel caso di esercizio abusivo della professione la suddetta presunzione di compensi imponibili trova applicazione sia riguardo ai versamenti che ai prelevamenti sul conto corrente.