La Giornata Nazionale del Personale Sanitario quest’anno ha omaggiato Gino Strada e tutti i medici che hanno dedicato la loro vita alla professione. Quali sono gli insegnamenti e l’eredità che ci ha lasciato?
Ciò che ha fatto e che ha tramandato Gino Strada è diventato patrimonio del nostro Paese e del Mondo. Il fondatore e il pilastro di EMERGENCY per 27 anni è stato una persona estremamente concreta, pragmatica e anche molto coerente nel mettere insieme parole ed opere. Partendo dal presupposto che il diritto alle cure è universale, ha lasciato come eredità a noi di EMERGENCY e a chiunque altro la comprensione di quanto importante sia prendersi cura degli altri e quanto sia necessario lottare per avere sistemi sanitari che siano gratuiti, di qualità, pubblici, inclusivi e universali. E’ ciò che fa la differenza quando si parla di un Paese civile o di un Paese incivile. Questo è un aspetto che il Covid ha messo in evidenza in modo abbastanza drammatico: nonostante sulla carta abbiamo un sistema sanitario garantito dalla nostra Costituzione, è evidente che non siamo riusciti a prenderci cura di tutti. Il sistema non è inclusivo e abbiamo visto quanti ne sono rimasti fuori, perdendo anche la propria vita. È un sistema che probabilmente non dà valore a chi, come medici, infermieri ed operatori sociosanitari, ne rappresenta l’asse portante. Tre decenni di disinvestimento nella sanità pubblica purtroppo hanno avuto conseguenze evidenti ed il nostro impegno, nel cogliere il testimone che Gino ci ha lasciato, è quello di continuare a costruire progetti sanitari inclusivi, universali, gratuiti e di qualità, ma anche di ricordare che questa è una responsabilità innanzitutto della politica. Speriamo che queste priorità vengano sempre tenute a mente nel decidere il presente ed il futuro del Paese.
Quale consapevolezza possiamo trarre dall’esperienza pandemica?
A due anni dall’inizio della pandemia, personalmente ho un po’ di amarezza. Siamo stati sorpresi da questo virus ma l’11 marzo 2020, quando è stata dichiarata la pandemia, avevamo stabilito che la priorità era prendersi cura di tutti, altrimenti non ne saremmo mai usciti. A distanza di due anni questo non è avvenuto, né all’interno del nostro Paese né a livello mondiale. Le diseguaglianze sono cresciute e la pandemia è diventata una sindemia, ossia una crisi economica e sociale in Italia e nel resto del mondo, e ci si occupa molto poco anche di queste conseguenze. Nella risposta alla pandemia i Paesi ricchi hanno attuato la stessa logica di esclusione e di sopraffazione che avevano anche prima della comparsa del Covid. Ad esempio, i dati di cui il Ministro Speranza ha orgogliosamente parlato domenica 20 febbraio (durante le celebrazioni della Giornata Nazionale del Personale Sanitario, ndr), ossia “il 91% della popolazione vaccinata in Italia”, non trovano riscontro nei Paesi a basso e medio reddito, dove invece si arriva ad un tasso del 10%. Personalmente, credo che questa sia una sconfitta per tutti.
In considerazione dell’Articolo 32 della Costituzione e del diritto alla salute, qual è lo scenario attuale in Italia e nel Mondo dove EMERGENCY opera?
L’articolo 32 è importantissimo, perché dice tante cose in poche righe. Dice, innanzitutto che il diritto alle cure è un diritto dell’individuo. Questa è la prima lezione che dovremmo imparare, soprattutto nel nostro Paese, dove ancora si fa molta discriminazione in base allo status amministrativo, al colore della pelle, al ceto sociale. L’altro aspetto fondamentale è che il diritto alla salute è anche un interesse della collettività. Questo legame tra l’individuo e la collettività deve rappresentare sia un punto di ripartenza per noi come Paese, sia un modello nel Mondo. Purtroppo, vediamo sempre di più quanto la sanità sia diventata un business e quanto le logiche del profitto siano diventate determinanti nello sviluppo anche dei sistemi sanitari nei Paesi in guerra e nei Paesi a basso e medio reddito. Dovremmo, invece, ripartire da logiche diverse.
ANDI, sindacato nazionale di riferimento con 27 mila associati, tramite la Fondazione ANDI Onlus opera con l’obiettivo di promuovere la salute orale e generale di tutti e, in particolare, di quelle persone che si trovano in condizioni di disagio fisico, economico e sociale, intervenendo anche su una problematica delicata ed attuale come quella della violenza di genere, che si è acutizzata durante la pandemia. Un suo commento.
Credo che questo rappresenti indubbiamente un operato importantissimo, che va portato avanti; quindi, il mio commento è sicuramente quello di proseguire verso questi obiettivi. Noi, come EMERGENCY, siamo presenti in Italia dal 2006 con ambulatori in varie Regioni, anche con servizi odontoiatrici nel “ricco nord-est”, specificatamente nella periferia di Venezia, dove un paziente su 5 del nostro ambulatorio è un italiano che ha bisogno di cure odontoiatriche. Sono certamente problemi che partono dalla salute orale ma che poi hanno un impatto sulla salute generale della persona, sulla possibilità di nutrirsi correttamente ed anche sull’inserimento sociale. Tantissime persone hanno perso lavoro, si sono ammalate ai denti e da quel momento il sistema non gli ha più permesso di curarsi e di rifarsi una vita: vediamo storie davvero molto forti, che non vorremmo vedere in un Paese come il nostro, che è tra i 7 più ricchi ed industrializzati del mondo. È fondamentale proseguire con il lavoro che ANDI e Fondazione ANDI Onlus stanno facendo e, anzi, sarebbe bello immaginare delle possibili sinergie e collaborazioni anche da questo punto di vista, perché è l’unione che fa la forza.