È attesa nelle prossime ore in Gazzetta Ufficiale la legge sull’equo compenso delle prestazioni professionali, approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati nella seduta di martedì 12 aprile.
Il nuovo passaggio alla Camera si era reso necessario per via di un errato riferimento normativo contenuto nel testo di legge già licenziato dalla stessa Aula nei mesi scorsi. Una volta risolta la problematica al Senato, è stato quindi necessario un ulteriore (e ultimo) passaggio alla Camera.
La legge si propone di rafforzare il principio – già contenuto in una legge del 2017 – secondo cui ogni professionista ha diritto a ricevere un compenso minimo proporzionato alla qualità e alla quantità delle prestazioni svolte, attraverso una serie di prescrizioni volte a tutelare i professionisti nei confronti di committenti “forti”.
Il campo di applicazione della legge, quindi, è circoscritto ai soli rapporti convenzionali in cui il cliente sia una pubblica amministrazione, un’impresa bancaria o assicurativa o un’impresa che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico abbia realizzato ricavi superiori a 10 milioni di euro o abbia occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori.
La legge, in buona sostanza, esclude dall’applicazione del principio dell’equo compenso tutte le prestazioni rese nei confronti di soggetti diversi dalle grandi imprese, lasciando di fatto fuori coloro che svolgono la propria attività esclusivamente nei confronti di persone fisiche. Ordinariamente, quindi, tale prescrizione non consentirà agli Odontoiatri di avvalersi del principio dell’equo compenso.
Fermo restando che la legge potrebbe applicarsi nei casi in cui il professionista svolgesse la propria prestazione nell’ambito di organizzazioni gestite da imprese commerciali, a condizione che quest’ultime integrino i suddetti requisiti dimensionali (ricavi superiori a 10 milioni di euro o più di 50 lavoratori occupati). In tali fattispecie l’accordo tra committente e professionista che prevedesse un compenso inferiore a quello fissato dai parametri ministeriali – chiamati a quantificare il valore “equo” delle prestazioni rese dalle varie categorie professionali – potrebbe essere impugnato davanti al tribunale competente dallo stesso professionista sottopagato o dall’ordine professionale a cui il professionista è iscritto, al fine del riconoscimento giudiziale del maggior compenso.
Nel complesso, tuttavia, la legge rappresenta un indubbio passo avanti nella corretta definizione dell’equità dei compensi e delle responsabilità dei professionisti, anche se – come unanimemente auspicato dalle rappresentanze dei liberi professionisti, ed in particolare da ANDI – sono necessari alcuni sostanziali miglioramenti dell’articolato normativo.